La tragedia delle foibe spiegata dalla storica Barbara Bracco - Bnews La tragedia delle foibe spiegata dalla storica Barbara Bracco

La tragedia delle foibe spiegata dalla storica Barbara Bracco

La tragedia delle foibe spiegata dalla storica Barbara Bracco
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Il 10 febbraio ricorre il Giorno del ricordo, istituito per non dimenticare il massacro delle foibe. Si tratta di una pagina ancora oscura della Storia del nostro Paese. Ne abbiamo parlato con la Professoressa Barbara Bracco, docente di Storia contemporanea dell’Università di Milano-Bicocca.

Professoressa Bracco, che cosa si intende per foibe?          

Le foibe sono cavità carsiche profonde anche di diverse decine di metri, tipiche della Venezia Giulia. Sono tristemente note perché tra il 1943 e il 1945, durante la ritirata delle truppe italiane dopo l’8 settembre 1943 e l’avanzata dei partigiani jugoslavi (legati alle formazioni comuniste di Tito), vi vennero gettati i corpi, alcuni ancora vivi, di un numero imprecisato (e forse ormai imprecisabile) di italiani. Si è parlato di almeno tremila persone (ma qualcuno ipotizza anche diecimila) sommariamente “giustiziate” nelle foibe o nei territori occupati dalle formazioni jugoslave; oltre a uomini legati al regime fascista, responsabili negli anni precedenti di una brutale italianizzazione, vennero uccise persone (tra di loro anche partigiani non comunisti) riconducibili alla classe dirigente italiana di quei territori. 

Quando è stato istituito il Giorno del ricordo e perché? 

Il Giorno del ricordo è stato istituito nel 2004 per ricordare gli eccidi e l’esodo dei fiumani e dalmati che fuggirono all’estero o più spesso verso l’Italia a partire dalle ultime fasi della guerra e soprattutto dopo, quando la Jugoslavia, con l’accordo degli alleati, occupò buona parte dei territori un tempo sotto controllo dello Stato italiano. Non a caso è stata adottata la data del 10 febbraio, anniversario dei trattati di pace firmati dal Governo De Gasperi a Parigi nel 1947. Si tratta di una solennità civile che non comporta cioè la sospensione delle attività produttive del Paese (il che conferisce di solito minor forza alla celebrazione del ricordo di un evento) ma ha pur sempre la funzione di preservare la memoria di una pagina tragica della vita italiana. Già prima del 2004 erano state presentate proposte di legge per l’istituzione di una giornata del ricordo ma è solo sedici anni fa che varie mozioni (di Alleanza Nazionale e Forza Italia ma anche della Margherita, formazione di cultura cattolica) confluirono in un unico testo di legge.

Perché i massacri delle foibe sono rimasti a lungo nell'oblio?

In realtà gli eccidi e le foibe non furono affatto ignote al mondo politico, culturale e anche all’opinione pubblica italiana dell’epoca (ci sono servizi del 1946 della Settimana Incom – il telegiornale dell’epoca che veniva trasmesso al cinema – che ne parlano apertamente). Ma a parte le attività febbrili delle associazioni dei molti esuli, sia la politica internazionale sia quella italiana tennero da questo punto di vista un profilo molto basso. In un orizzonte dominato dalla guerra fredda (dove la Jugoslavia occupò una posizione sempre meno sovietica), gli alleati preferirono tenere un atteggiamento per così dire prudente con Belgrado. Ancora più complessa fu la situazione italiana: per il Partito Comunista italiano il massacro di italiani ad opera dei partigiani comunisti di Tito costituì un motivo di grave imbarazzo. In fondo, anche se De Gasperi sollecitò l’attenzione internazionale per gli italiani dell’area contesa e poi assegnata alla Jugoslavia, per la Democrazia Cristiana il problema del confine orientale sembrò consigliare cautela sia con Belgrado che con gli alleati. È opportuno poi ricordare che il clima emotivo e culturale del dopoguerra favorì spesso la rimozione delle tragedie del conflitto. Solo con il passare del tempo e una nuova temperie politico-culturale degli ultimi decenni, la pagina tragica del confine orientale ha preso posizione nello spazio a dire il vero assai affollato del calendario liturgico. Come per altre date della storia, il contesto culturale-politico favorisce il recupero di segmenti del passato e nei primi anni 2000 si è intensamente riflettuto su quella pagina tragica degli italiani.

Come mai, a differenza della Giornata della Memoria, questa commemorazione risulta meno sentita e forse più controversa?

In verità anche nel caso della Shoah, il tema della memoria si è imposto lentamente nel corso della seconda metà del secolo scorso. Nel clima, come dicevo, di ricerca di una normalità, neanche i processi di Norimberga riuscirono a scalfire fino in fondo l’orrore dei campi e a raccontarlo. Solo con il passare del tempo (con le testimonianze dei superstiti, le ricostruzioni storiografiche, i processi ai responsabili dei campi – pochi in verità, a parte il procedimento-simbolo contro Adolf Eichmann nel 1961 -  e altre narrazioni, si pensi solo al cinema) e con la consapevolezza della scomparsa nei prossimi anni degli ultimi testimoni, il tema della Shoa ha assunto le dimensioni di un evento globale di svolta dell’orrore novecentesco. Nel caso delle foibe, il suo carattere locale, di difficile lettura (quanti di noi conoscono effettivamente le vicende del confine orientale?), la sua mimetizzazione nella tragedia della seconda guerra mondiale, tendono a relegare la giornata del ricordo a un omaggio un po’ rituale alla memoria di una pagina drammatica. Andrebbe invece conosciuta meglio al di fuori dell’uso inevitabilmente politico della storia (sia a destra come a sinistra) che ne viene fatto ai giorni nostri.