L’Ateneo di Milano-Bicocca può vantare un centro di assoluta eccellenza per quanto riguarda lo studio della fisica dei plasmi in Italia: si tratta del centro Plasma Prometeo. La professoressa Claudia Riccardi, docente di Fisica sperimentale del nostro Ateneo, ne è stata un’animatrice fin dal principio e ci racconta in questa intervista come è nata l’idea di raccogliere in una monografia i risultati più importanti che la ricerca ha conseguito negli ultimi anni.
Come mai avete dedicato il vostro libro al 25esimo dell’Ateneo?
Come avevamo fatto anche in occasione del decennale della Bicocca volevamo documentare in un libro le tematiche scientifiche di frontiera emerse in questi ultimi anni, è stata l’occasione per condividerle con i gruppi italiani di punta: in questo volume presentiamo lo stato dell’arte per quanto riguarda la fisica dei plasmi freddi, fornendo al tempo stesso un’introduzione al tema, utile anche per gli studenti della magistrale e i dottorandi, sottolineando alcune specificità oggetto delle recenti attività scientifiche, sia dal punto di vista di base che applicativo, e delineando alcune delle più importanti future linee di frontiera della ricerca.
Nel 2004 abbiamo inaugurato qui in Bicocca Plasma Prometeo, un centro di ricerca sui plasmi che oggi è sicuramente fra i più importanti in Italia, e da quel momento abbiamo intensificato le collaborazioni con aziende, partecipando a progetti in ambito ministeriale e comunitario. Abbiamo pensato ad una raccolta di pochi capitoli - 4 per la precisione - che desse conto dei risultati di frontiera ottenuti nella fisica dei plasmi freddi e delle sue possibili applicazioni a tutto campo: con i gas, con i liquidi e con i solidi.
Ci racconti in parole semplici che cosa sono i plasmi
I plasmi, che sono anche detti il quarto stato della materia, sono gas ionizzati, cioè gas che hanno ricevuto un’energia sufficiente per separare una parte degli elettroni dai loro atomi. Se dovessimo fissare per sommi capi le tappe dello sviluppo di una scienza dei plasmi freddi dovremmo tornare alle prime applicazioni negli anni Cinquanta del secolo scorso, quando sono stati realizzati i primi neon, quindi plasmi utilizzati come sorgente luminosa; è negli anni Settanta che sono stati fatti i passi avanti più significativi con l’uso di plasmi applicati a solidi e gas spesso prodotti in camere da vuoto. Negli anni Novanta sono stati realizzati impianti che riuscivano a produrre plasmi a pressione atmosferica; si può dire che negli anni Novanta si sono create le basi che hanno permesso lo sviluppo delle attuali linee di ricerca e le relative applicazioni in ambito industriale.
Noi ci occupiamo di plasmi freddi, i plasmi caldi di cui sono un fatti le stelle e la maggior parte della materia nell’universo, vengono studiati per produrre energia. Una delle sfide in cui la scienza è impegnata da diversi anni è cercare di riprodurre sulla terra queste condizioni attraverso la fusione termonucleare controllata, che risolverebbe definitivamente il problema energetico.
Ci parli delle applicazioni a cui state lavorando per capire le possibili ricadute di questa scienza, quali sono i settori più coinvolti?
Per i plasmi freddi si possono trovare applicazioni significative in campo manifatturiero, nel settore ambientale, nell’energia o nel biomedicale solo per citarne alcuni. Grazie ai plasmi possiamo fabbricare materiali funzionalizzati, per esempio sui tessuti possiamo produrre proprietà antimacchia, antibatteriche o idrorepellenti; nella produzione di plastiche i plasmi possono giocare un ruolo decisivo per aumentare le proprietà barriera ai gas e al vapor acqueo.
Abbiamo brevettato una sorgente che è capace di creare dei fasci supersonici di plasma, tramite i quali possiamo depositare sottilissimi strati di materiale che si organizzano in modo gerarchico, creando delle figure geometriche tridimensionali simili ad alberi o a colonne, e quindi generare un'amplissima area superficiale in grado di intercettare la luce e aumentare l’interfaccia con l’ambiente: questa tecnologia può essere decisiva per il fotovoltaico o la sensoristica, tanto che poi il brevetto è stato acquisito dall’Istituto Tecnologico Italiano.
Tutto ciò ha dato luogo a degli Spin-off?
Si, noi ne abbiamo fondato uno che si chiama Plume, che si occupa tra l’altro di processi che hanno ricadute dal punto di vista ambientale; per esempio collaboriamo con aziende che producono forni per la cottura delle ceramiche: quando la ceramica viene cotta fuoriescono i residui dei solventi usati per gli inchiostri e vanno a finire in un bruciatore che non sempre riesce a eliminarli adeguatamente. Tutto ciò ha costi molto elevati perché il bruciatore è alimentato a metano e deve essere tenuto acceso 24 ore su 24, anche quando i forni per la ceramica non sono in funzione. La tecnologia dei plasmi può offrire un’alternativa a questi forni per la riduzione dei residui.
Un altro fronte su cui stiamo lavorando è il tessile di cui abbiamo già parlato, o il packaging con i processi di finissaggio per le plastiche. Il plasma permette di preparare la superficie polimerica di queste plastiche per la metallizzazione, rendendole una barriera più efficace per il vapore acqueo, per i gas, per l’ossigeno.
A livello industriale inoltre si possono porre le condizioni per un’alternativa alle tradizionali fonti energetiche, perché questi plasmi consumano pochissima energia, per cui se noi riusciamo a sostituire un bruciatore a metano con il plasma in un’industria fortemente energivora, possiamo realizzare grandi risparmi e allo stesso tempo ovviamente trarne un beneficio dal punto di vista ambientale.
Veniamo al libro: come è strutturato?
Ci sono quattro capitoli, uno per ciascuno dei principali gruppi di ricerca con cui abbiamo collaborato in questi anni, che sono anche i gruppi di ricerca più importanti in Italia in questo settore: c’è ovviamente il gruppo di ricerca di Milano - Bicocca, il gruppo di Bari, quello di Trento e poi c’è un contributo di elevata qualità e spessore da parte del professor Yuri Akishev, dell’Accademia delle scienze di Mosca, che è stato uno dei pionieri della ricerca scientifica sul tema della generazione di plasmi freddi in acqua. Ciascun autore ha raccontato sia gli aspetti di base che quelli applicativi che hanno caratterizzato la propria ricerca, ogni capitolo è organizzato con un'ampia introduzione contenente le nozioni di base, in questo modo siamo riusciti a consegnare ai lettori una visione panoramica che è molto importante per uscire dagli specialismi, specialmente per un tema dal potenziale così multidisciplinare.
Le applicazioni oggetto di studio sono di frontiera, tanto per quanto riguarda i liquidi che i solidi e i gas, queste tipologie di plasmi freddi sono oggetto di un'ampia attività di ricerca pubblicata sulle riviste scientifiche ad impact factor più elevato e trovo che questo sia molto importante; inoltre è una ricerca dal carattere estremamente multidisciplinare: se parliamo di plasmi applicati ai materiali abbiamo bisogno dell’aiuto dei chimici e dei colleghi di Scienze dei materiali; nelle applicazioni biomedicali - come ad esempio quando si parla di sensori biologici o scaffold per la crescita tissutale - ci interfacciamo con i biotecnologi e i biologi; quando affrontiamo processi che hanno ricadute dal punto di vista ambientale collaboriamo con i colleghi di Scienze dell’ambiente e del territorio.
Lo spettro delle potenziali applicazioni nel mondo dei plasmi freddi è davvero molto ampio e in gran parte ancora inesplorato e questo rende estremamente stimolante la ricerca.