JUNO, il rivelatore sotterraneo che vuole risolvere il mistero intorno alle masse dei neutrini - Bnews JUNO, il rivelatore sotterraneo che vuole risolvere il mistero intorno alle masse dei neutrini

JUNO, il rivelatore sotterraneo che vuole risolvere il mistero intorno alle masse dei neutrini

JUNO, il rivelatore sotterraneo che vuole risolvere il mistero intorno alle masse dei neutrini
Gruppo di ricerca Milano-Bicocca

Un grande osservatorio sotterraneo nel sottosuolo della Cina sudorientale lavora incessantemente allo studio del comportamento dei neutrini, particelle subatomiche tra le più evasive, di cui ancora non conosciamo la misura della leggerissima massa: presenti in abbondante quantità e in grado di percorrere distanze siderali, passano attraverso la materia con scarsa interazione e, per questo motivo, la loro osservazione non è semplice.

Rivelatore, fasi finali di costruzione
Rivelatore, fasi finali di costruzione

L’esperimento JUNO, Jiangmen Underground Neutrino Observatory, coinvolge più di 700 ricercatori provenienti da 74 istituzioni in 17 paesi e regioni. Un progetto caratterizzato da un elevato grado di internazionalizzazione, gestito in Cina dall’Istituto IHEP in collaborazione anche con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare.

Tra gli obiettivi, sciogliere uno dei grandi enigmi della fisica delle particelle: qual è l’ordinamento delle masse dei neutrini? Quale neutrino ha massa maggiore? JUNO sta elaborando informazioni con l’obiettivo di approfondire la conoscenza quantitativa del noto processo di oscillazione, sulla base del quale i neutrini possono cambiare stato e passare dall’uno all’altro dei tre cosiddetti “sapori” conosciuti: elettronico, muonico e tau. Le oscillazioni avvengono perché i neutrini di un dato sapore sono in realtà combinazioni di stati con masse differenti, che viaggiano a velocità leggermente diverse fra loro. Studiare con grande precisione questo fenomeno consentirebbe finalmente di far luce sull’ordinamento delle masse dei neutrini.

Come ci spiega Monica Sisti, alla guida del gruppo di ricerca dell’Università di Milano-Bicocca coinvolto nel progetto, la conoscenza delle proprietà intrinseche dei neutrini rappresenta un tassello fondamentale in tutte le teorie di formazione ed evoluzione dell’universo. La docente del Dipartimento di Fisica dell’Ateneo, ricercatrice INFN, è anche Background Coordinator dell’esperimento.

Professoressa, qual è stato il contributo di Milano-Bicocca?

Da sinistra a destra: Massimiliano Nastasi, Ezio Previtali, Davide Chiesa, Andrea Barresi, Monica Sisti, Matteo Borghesi, Claudio Coletta
Da sinistra a destra: Massimiliano Nastasi, Ezio Previtali, Davide Chiesa, Andrea Barresi, Monica Sisti, Matteo Borghesi, Claudio Coletta

Il nostro gruppo di ricerca*, composto da docenti, assegnisti e dottorandi dell’Università di Milano-Bicocca insieme a ricercatori dell’INFN, è entrato a far parte della collaborazione JUNO all’inizio del 2016, contribuendo a numerosi aspetti fondamentali: la selezione dei materiali del rivelatore, l’ottimizzazione delle tecniche di pulizia della grande sfera di acrilico, il controllo della concentrazione di contaminanti nello scintillatore dopo ciascuna fase di purificazione, la supervisione dei requisiti di radiopurezza nelle fasi cruciali della costruzione.

Abbiamo svolto un ruolo importante non solo sul fronte sperimentale, ma anche su quello della modellizzazione e delle simulazioni: ci siamo infatti occupati della definizione del background budget dell’esperimento e, in collaborazione con il gruppo del Politecnico di Milano guidato dal professor Antonio Cammi, abbiamo sviluppato un software per la simulazione dello spettro dei neutrini, cruciale per l’analisi dei dati.

Molti dei nostri studenti e dottorandi hanno elaborato le proprie tesi attorno a JUNO: misure ad alta sensibilità per la selezione dei materiali, modelli di simulazione, sviluppi del software e, nei mesi a venire, l’analisi dei dati raccolti.

Per complessità tecnologica, la stessa costruzione di JUNO ha rappresentato una grande sfida?

La realizzazione di JUNO, necessariamente costruito in loco, ha richiesto uno sforzo incredibile, in particolare per l’ampiezza della struttura che lo caratterizza in modo innovativo rispetto ad altri rivelatori dello stesso genere ed è finalizzata ad aumentare la probabilità di registrare l’interazione dei neutrini.

Rivelatore, vista interna
Rivelatore, vista interna

Solo per dare un’idea del livello di complessità, ricordo che il sito si trova a una profondità di 700 metri, nei pressi di Jiangmen, città della provincia cinese del Guangdong. Il nucleo della struttura è una sfera di acrilico di oltre 35 metri di diametro, che contiene 20.000 tonnellate di scintillatore liquido. A sua volta inserita al centro di una piscina d’acqua profonda 44 metri, la sfera è circondata da un’infrastruttura in acciaio dove sono montati 20.000 tubi fotomoltiplicatori. Questi fototubi catturano la luce prodotta dalle interazioni dei neutrini all'interno dello scintillatore e la convertono in segnali elettrici.

Cosa può dirci in merito alla delicata operazione di riempimento, terminata il 26 agosto?

Innanzitutto è durata sei mesi: i volumi così importanti hanno richiesto procedure estremamente controllate per garantire da un lato integrità e sicurezza dell’impianto, dall’altro l’elevato livello di purezza e trasparenza dei liquidi. La prima fase ha visto l’immissione di 60.000 tonnellate d’acqua. Successivamente 20.000 tonnellate di scintillatore liquido sono state inserite solo nella sfera di acrilico, sostituendo così l’acqua nel cuore dell’apparato. Il passaggio alla fase operativa di acquisizione dei dati si è svolto senza soluzione di continuità.

Fototubi
Fototubi

La luce esce dal volume dello scintillatore e arriva ai fototubi per la conversione che ci permette di ricostruire l’energia depositata e quindi risalire alle caratteristiche della particella che ha interagito. Confrontiamo costantemente i dati sperimentali con le previsioni per ottenere un quadro completo di tutte le interazioni nel rivelatore.

L’avventura scientifica di JUNO si protrarrà per circa un trentennio. Lavorare a contatto con gruppi ed istituti di ricerca, provenienti da così tanti paesi, è assolutamente stimolante e utile al confronto. In tempi difficili come i nostri, la ricerca scientifica può aiutare a preservare una rete di condivisione e cooperazione internazionale. Guardiamo ai prossimi anni con enorme entusiasmo, chissà che il futuro non ci riservi qualche colpo di scena o un segnale imprevisto.

Può farci degli esempi sulle sorgenti di neutrini?

JUNO osserva i neutrini prodotti da due centrali nucleari distanti 53 chilometri, misurando con precisione il loro spettro energetico. Essendo un osservatorio di neutrini, nella gigantesca struttura di JUNO entrano naturalmente anche quelli provenienti da altre sorgenti, caratterizzate da diversi range energetici.

Per esempio i neutrini solari emessi dalla nostra stella, oppure quelli atmosferici generati dall’interazione dei raggi cosmici nell’atmosfera.

E ancora i geoneutrini, ovvero antineutrini provenienti dagli elementi radioattivi presenti nel mantello terrestre, come uranio e torio. Dal loro studio, il rivelatore fornirà dati interessanti sulla conformazione geologica e sulla struttura terrestre. Un segnale debole, quello dei geoneutrini, che per essere distinto e letto correttamente necessita di una conoscenza approfondita delle rocce circostanti, così da poter simulare con precisione il segnale che ci aspettiamo di osservare.

Infine, se dovesse esplodere una supernova, una stella molto densa, l'emissione sarebbe tipicamente caratterizzata da un lasso di tempo breve e altissima intensità: attraverso il rivelatore potremo calcolare il numero e le tipologie dei neutrini emessi e quindi ricavare informazioni sulla stella da cui provengono.


*Componenti del gruppo JUNO Milano-Bicocca: dott. Andrea Barresi, dott. Matteo Borghesi, prof. Antonio Cammi, prof. Davide Chiesa, dott. Claudio Coletta, dott. Giovanni Ferrante, dott. Lorenzo Loi, dott. Massimiliano Nastasi, prof. Ezio Previtali, dott.ssa Monica Sisti.

Per approfondimenti: leggi il comunicato stampa sul sito INFN