Dall’infortunio all’anca del tennista Jannik Sinner a quello del velocista olimpico Filippo Tortu alla spalla, che recentemente hanno attirato l'attenzione dei media e del pubblico, il recupero da un infortunio si conferma una fase delicata e cruciale per gli atleti di ogni disciplina.
Nell’ottica di individuare come la ricerca scientifica possa influenzare positivamente il percorso di recupero degli atleti, abbiamo chiesto a Cristiano Alessandro, ricercatore presso il Dipartimento di Medicina e Chirurgia ed esperto nel campo della neuromeccanica applicata allo sport, di spiegarci le ultime innovazioni sull’analisi del movimento.
Dottor Alessandro, potrebbe spiegarci in cosa consiste il lavoro svolto nel gruppo di ricerca da lei diretto relativo all'analisi del movimento post-infortunio?
Da anni concentro la mia ricerca sui meccanismi di controllo del movimento volontario, ossia su come il nostro sistema nervoso definisca i comandi da inviare ai muscoli per permetterci di eseguire movimenti complessi, come quelli sportivi. Sebbene questo argomento sembri riguardare esclusivamente il sistema nervoso, è fondamentale comprendere che l’esecuzione del movimento emerge dall'interazione complessa tra il sistema nervoso e il sistema muscoloscheletrico. Il sistema nervoso riceve informazioni sensoriali relative al nostro corpo e all’ambiente circostante, le elabora e genera i comandi necessari per eseguire il movimento. Il sistema muscoloscheletrico, a sua volta, riceve questi comandi, attua il movimento e produce informazioni sensoriali sul movimento stesso, che vengono successivamente trasmesse al sistema nervoso.
Questo approccio multidisciplinare sottolinea come un infortunio sportivo non possa essere visto semplicemente come un problema limitato alle strutture muscoloscheletriche coinvolte, ma debba essere considerato anche per le possibili modifiche nei processi neurali relativi all’elaborazione dei segnali sensoriali e alla generazione dei comandi motori. Si tratta, dunque, di un approccio neuro-meccanico. Nel nostro gruppo di ricerca studiamo come gli infortuni sportivi possano influire sul controllo del movimento.
Di quali professionalità si avvale il suo gruppo di ricerca?
Ho la fortuna di coordinare un gruppo di brillanti scienziati, soprattutto scienziati motori appassionati di neuroscienze, che affrontano queste problematiche su diversi livelli. Durante i primi due anni in Bicocca, il mio gruppo si è popolato di un ricercatore post-dottorato (Dr. Mauro Nardon), un dottorando (Kevin Soter), uno studente in programma di scambio (Matteo Zanoni) e una studentessa pre-dottorato (Celia Blanchet), la maggior parte dei quali provenienti dall’estero. Inoltre co-supervisiono, insieme alla Prof.ssa Cecilia Perin, le attività di altri due dottorandi, Diego Tosatto e Daniele Bonacina.
Infine, il laboratorio è regolarmente frequentato da diversi studenti che collaborano attivamente alle nostre attività. Il contributo di ciascuno di loro è fondamentale per il progresso delle nostre ricerche, e non posso che ringraziarli per il loro impegno e la loro dedizione.
In che modo l'analisi del movimento può essere personalizzata per gli atleti, tenendo conto delle diverse discipline sportive e dei tipi di infortunio?
La nostra ricerca punta proprio sulla possibilità di personalizzare il recupero e l’ottimizzazione delle prestazioni. Per far ciò, utilizziamo tecniche di analisi del movimento basate sulla ricostruzione computerizzata dei movimenti catturati da una serie di telecamere, sulla valutazione delle forze esercitate tra chi esegue il movimento e l'ambiente esterno, e sull’analisi dell’attività muscolare durante l'esecuzione. Questi dati ci permettono di studiare il movimento con un elevato livello di dettaglio, e possono essere utilizzati per migliorare la performance nell'esecuzione del gesto atletico, che varia in base alla disciplina, sia negli atleti sani che in quelli in fase di recupero post-infortunio.
Attualmente, la riatletizzazione viene raramente personalizzata in base al tipo di infortunio. L’approccio comune si concentra piuttosto sull'insegnare nuovamente all'atleta ad eseguire il movimento così come lo faceva prima dell'infortunio. Tuttavia, un infortunio può causare cambiamenti al sistema muscoloscheletrico (come la rottura di un legamento) che possono alterare i meccanismi neurali di controllo motorio. Il nostro obiettivo è quindi quello di identificare come questi meccanismi vengano modificati, al fine di permettere, in futuro, una ripresa personalizzata e ottimizzata delle attività sportive post-infortunio.
Oltre agli atleti, in quali altri contesti possono essere efficacemente applicate questi tipi di analisi?
La ricostruzione computerizzata del movimento catturato da una serie di telecamere è ampiamente utilizzata in ambito cinematografico. Tuttavia, in ambito scientifico, queste analisi – che comprendono anche l’analisi dell’attività muscolare e delle forze di reazione con l’ambiente esterno – trovano molteplici applicazioni. Possono essere utilizzate per studiare e ottimizzare le performance atletiche in soggetti sani, oppure in ambito riabilitativo per valutare l’efficacia di un trattamento. Inoltre, possono essere impiegate su soggetti sani per indagare i meccanismi di controllo del movimento. In generale, queste tecniche si prestano a un ampio spettro di applicazioni, il cui utilizzo viene adattato al contesto e alla specifica domanda scientifica che si desidera affrontare.
La sua ricerca si svolge anche nel contesto del progetto MUSA, ci può indicare quali sono le principali attività previste?
All'interno del progetto MUSA, la mia attività di ricerca all’interno dello Spoke 2, Work Package 3, si concentra principalmente su persone sane, valutando la loro predisposizione a incorrere in infortuni durante la normale pratica sportiva. Il progetto MUSA pone una forte enfasi sulla prevenzione, e in questo contesto, il mio gruppo di ricerca si occupa di studiare i cosiddetti 'fattori di rischio', con un particolare interesse verso quelli legati all’infortunio del legamento crociato anteriore. Attualmente, i fattori di rischio conosciuti consistono principalmente in caratteristiche fisiche e/o biomeccaniche degli atleti; ad esempio, sappiamo che determinati movimenti o l'eccessivo utilizzo di alcuni muscoli possono creare condizioni sfavorevoli che aumentano il rischio di infortunio.
Il nostro obiettivo, tuttavia, è identificare fattori di rischio di natura neuromeccanica, legati all'interazione tra il sistema nervoso e il sistema muscoloscheletrico. Per esempio, abbiamo condotto esperimenti per valutare se l'affaticamento, noto per influire sia sui meccanismi neurali che muscolari, possa incrementare il rischio di infortunio. Inoltre, stiamo indagando se l’attività coordinata di alcuni gruppi muscolari da parte del sistema nervoso possa rappresentare un ulteriore fattore di rischio
Considerando gli infortuni recenti di atleti famosi, in che modo la ricerca può influenzare i tempi di recupero e ottimizzare la performance futura di questi atleti?
Diversi ambiti di ricerca affrontano queste problematiche. In primo luogo, si cerca di fare prevenzione, ad esempio studiando nuove tecniche di allenamento che massimizzino le performance dell'atleta riducendo al contempo il rischio di infortuni. Altre linee di ricerca si concentrano sul miglioramento dei trattamenti clinici e della riatletizzazione dopo un infortunio, con l'obiettivo esplicito di ottimizzare il recupero e facilitare il ritorno allo sport.
La linea di ricerca portata avanti dal gruppo che coordino ha invece un obiettivo più generale: studiare i principi e i meccanismi che regolano il controllo del movimento negli atleti, valutando come gli infortuni sportivi possano alterarli. Sebbene questi studi non abbiano un'applicazione immediata, sono di grande rilevanza e utilità. Infatti, comprendendo meglio i meccanismi alla base del movimento, sarà possibile sviluppare trattamenti e forme di allenamento più mirati ed efficaci, potenzialmente riducendo i tempi di recupero e migliorando le performance motorie degli atleti infortunati.
Nel caso specifico di Sinner e Tortu, è importante considerare che questi infortuni (come qualunque altro tipo di infortunio, in realtà) non influenzano solo le strutture muscoloscheletriche, come l'anca e la spalla, ma potrebbero anche causare alterazioni nel sistema nervoso, compromettendo i comandi inviati ai muscoli e, di conseguenza, il movimento. Per ottimizzare nuovamente il movimento dopo un infortunio, sarebbe dunque necessario intervenire anche sugli aspetti neurali, e non soltanto su quelli muscoloscheletrici. Sebbene queste idee siano ancora in fase di sviluppo, potrebbero avere implicazioni significative per ridurre i tempi di recupero e migliorare le performance motorie post-infortunio.