La condivisione di conoscenze in ambito scientifico internazionale è una delle costanti dell’Università di Milano-Bicocca, i cui docenti partecipano attivamente a progetti e iniziative di ricerca in tutto il mondo. In questo contesto si inserisce la recente missione del professor Giuseppe Citerio, ordinario di Anestesiologia e direttore della Terapia Intensiva neurologica della Fondazione IRCCS San Gerardo di Monza, che a settembre 2025 ha preso parte a tre importanti incontri accademici in Cina dedicati allo sviluppo della terapia intensiva neurologica.
Tra Changchun e Jinan, conferenze, workshop clinici e visite ai reparti hanno offerto l’occasione per condividere esperienze e aprire nuove prospettive di ricerca, in particolare sulle terapie cellulari per il trauma cranico, sul monitoraggio personalizzato della pressione intracranica e sulle applicazioni della medicina digitale.
Professor Citerio, a settembre lei ha partecipato a tre incontri accademici in Cina. Di cosa si è trattato?

Ho avuto l’opportunità di intervenire in tre appuntamenti di grande rilievo per la comunità neurointensivistica. Il 19 settembre sono stato ospite del Secondo Ospedale dell’Università di Jilin, in occasione della decima edizione delle conferenze internazionali Yan Bei Fei. Ho presentato le più recenti novità nella gestione dei pazienti neurocritici e delle emorragie subaracnoidee, confrontandomi con colleghi internazionali su progetti di medicina digitale e intelligenza artificiale applicata alla clinica.
Il 20 settembre, sempre a Changchun, ho partecipato al Tiantan Forum con una lettura dedicata a un tema molto innovativo: l’utilizzo delle cellule mesenchimali stromali come nuova strategia terapeutica per il trauma cranico. Si è discusso anche della possibilità di avviare in Cina un trial clinico in questo ambito, simile a quello che stiamo coordinando in Lombardia. Nello stesso evento è stato presentato uno studio cinese, coordinato dal professor Gao del Beijing Tiantan Hospital — uno dei principali ospedali neurologici in Cina, affiliato alla Capital Medical University — che ha replicato un nostro lavoro pubblicato su Lancet Neurology sull’efficacia della gestione della pressione intracranica guidata dal monitoraggio invasivo. Il 21 settembre sono stato al Qilu Hospital della Shandong University, a Jinan, dove ho tenuto una lecture intitolata State of the Art ICP, incentrata sul monitoraggio e la gestione personalizzata della pressione intracranica. L’evento è stato arricchito da workshop clinici e momenti di confronto multidisciplinare.
Quali sono stati i temi scientifici più rilevanti emersi da questi incontri?
Tre, in particolare: prima di tutto le nuove frontiere della terapia cellulare per il trauma cranico, che potrebbero aprire prospettive terapeutiche completamente diverse. A seguire il monitoraggio multimodale della pressione intracranica, che consente di personalizzare i trattamenti in terapia intensiva neurologica. Infine le applicazioni della medicina digitale e dell’intelligenza artificiale alla diagnostica e alla gestione clinica, che stanno rapidamente trasformando il modo in cui curiamo i pazienti.
Qual è il valore di questo tipo di scambi internazionali?
Sono fondamentali per favorire l’innovazione e migliorare la qualità clinica. Il confronto con colleghi cinesi permette di osservare come gli stessi problemi vengano affrontati in contesti diversi, con risorse, protocolli e organizzazioni differenti. Questo arricchisce entrambe le parti e pone le basi per collaborazioni di ricerca multicentriche.
Quali prospettive future si aprono dopo questi incontri?
Le direzioni sono molteplici: la didattica (con collaborazioni già avviate con l’Università di Changsha), lo sviluppo di progetti di ricerca condivisi, la messa a punto di protocolli clinici comuni, la partecipazione congiunta a studi internazionali e la creazione di nuove tecnologie per il monitoraggio dei pazienti neurocritici. Inoltre, la possibilità di un trial clinico sulla terapia cellulare nel trauma cranico rappresenta una prospettiva concreta che potrebbe avere un impatto importante sulla pratica clinica.
In che modo la sua partecipazione si inserisce nella “terza missione” dell’Università di Milano-Bicocca?
Queste esperienze rappresentano un esempio concreto di terza missione: non solo ricerca e didattica, ma anche dialogo con la società e con le istituzioni sanitarie a livello internazionale. Portare il nome di Bicocca in contesti come questi significa contribuire a costruire ponti scientifici e culturali che vanno oltre i confini nazionali.