Giacomo Venir, lo studente Bicocca che ha esplorato l’etica nell’era dell’Intelligenza Artificiale - Bnews Giacomo Venir, lo studente Bicocca che ha esplorato l’etica nell’era dell’Intelligenza Artificiale

Giacomo Venir, lo studente Bicocca che ha esplorato l’etica nell’era dell’Intelligenza Artificiale

Giacomo Venir, lo studente Bicocca che ha esplorato l’etica nell’era dell’Intelligenza Artificiale
Giacomo Venir

L’Intelligenza Artificiale sta rivoluzionando il nostro modo di vivere e lavorare, sollevando interrogativi etici sempre più urgenti. A indagare questi temi è Giacomo Venir, ex studente del corso di laurea magistrale in Management e Design dei Servizi (Mages) dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, che con la sua tesi Il dilemma digitale nell’era dell’Intelligenza Artificiale ha vinto il Premio Impresa Saggia, istituito dalla casa editrice Guerini. Un riconoscimento che premia il valore accademico del suo lavoro, e gli darà anche l’opportunità di trasformarlo in un libro pubblicato entro l’autunno 2025.

La sua ricerca si è distinta per l’approccio multidisciplinare, affrontando le implicazioni sociali, economiche e tecnologiche dell’IA con un focus particolare sull’etica, sulla trasparenza e sulla responsabilità. Il premio sottolinea l’importanza di valorizzare le idee e le prospettive delle nuove generazioni, riconoscendo il potenziale di giovani studiosi come Venir nel plasmare il dibattito sul futuro digitale.

Abbiamo avuto l’opportunità di intervistarlo per approfondire la sua visione sul tema e scoprire cosa significhi per lui questo traguardo.

Giacomo, qual è stata la scintilla che ti ha spinto a esplorare il tema dell’etica nell’Intelligenza Artificiale?

La scintilla non è nata all’improvviso, ma è il frutto di un percorso che viene da lontano. Già in triennale, quando studiavo comunicazione, avevo scelto di dedicare la mia tesi alle Brain-Computer Interfaces, un tema allora ancora più lontano dal mio ambito di studi. Da lì ho cominciato a sentire il bisogno di spingermi oltre i confini tradizionali, di esplorare quei territori remoti dove la tecnologia incontra l’etica, la filosofia, la percezione umana. Credevo nella mia idea e ho quindi cercato un relatore disposto a supportarmi. È stato un primo banco di prova per capire che, a volte, per fare ricerca bisogna lottare, scendere a compromessi con i tempi e le regole accademiche, ma senza mai perdere di vista il proprio intento. E poi c’è la scrittura. Da anni scrivo racconti e romanzi, e questa occasione rappresenta una sorta di coronazione di un percorso iniziato dieci anni fa. Ho sempre sognato di pubblicare un libro – nel 2019 ne ho autopubblicato uno in formato digitale, con tutte le limitazioni del caso – ma non avrei mai immaginato che la mia prima vera pubblicazione arrivasse proprio dalla mia tesi di laurea. Eppure, forse, è il punto di incontro perfetto tra il mio lato creativo e quello più analitico e razionale.

Nel tuo lavoro hai sottolineato l’importanza della trasparenza e della responsabilità nei processi decisionali basati sull’IA. Quali sono, secondo te, le principali sfide che dobbiamo affrontare per garantire un uso etico di queste tecnologie?

Sono molte, impossibile elencarle tutte. Il tema della “black box” è centrale: delegare decisioni fondamentali a sistemi che non possiamo comprendere o contestare completamente è un rischio enorme. Ma non è l’unico problema. Ci sono i pregiudizi, le discriminazioni, il tema del controllo e dell’uso indiscriminato della tecnologia. Le IA non sono neutre: riflettono i voleri e le idee di chi le crea. E dietro la loro evoluzione c’è sempre un forte interesse economico, che spesso prevale sulla responsabilità etica. Ecco perché credo sia fondamentale mantenere sempre uno spirito critico. La tecnologia non è buona o cattiva di per sé, ma può essere usata in modi che amplificano ingiustizie o che migliorano la nostra società. Quello che possiamo fare è sviluppare un pensiero indipendente, capace di valutare l’IA non solo come strumento di progresso, ma anche come una forza che ridefinisce il nostro concetto stesso di umanità.

Viviamo in un’epoca in cui le decisioni aziendali vengono sempre più affidate a sistemi automatizzati. Pensi che il mondo del management e delle imprese sia pronto ad accogliere un approccio più etico e consapevole all’IA?

C’è un problema di divario tra teoria e pratica, e durante gli studi ho avuto modo di toccarlo con mano. Nel mondo accademico si parla molto di etica e di sostenibilità, ma nel mondo del lavoro prevalgono spesso logiche di efficienza e profitto. La domanda che molti si pongono è se l’IA sostituirà l’uomo, ma questa paura non è affatto nuova: la storia ci insegna che, di fronte a ogni rivoluzione tecnologica, la prima reazione è il terrore. Penso al movimento luddista, a quei lavoratori che, nella prima rivoluzione industriale, sabotavano i telai meccanici per paura che rendessero inutile la loro manodopera. Oggi l’IA è il nuovo telaio meccanico: più efficiente, più veloce, più economico. Ma la domanda più grande è esistenziale, non solo economica: se un giorno le macchine fossero più intelligenti, più capaci e più economiche di noi, sarebbe davvero un male? Per l’uomo, sì. Ma questo apre una riflessione più ampia: vogliamo davvero creare qualcosa che potrebbe sostituirci? Ecco perché l’etica non deve essere solo una questione di tutela del lavoro, ma di equilibrio globale. La tecnologia può essere una minaccia o un’opportunità, e il management del futuro dovrà occuparsi non solo di numeri, ma di scelte che avranno un impatto sul nostro posto nel mondo.

Il tuo lavoro diventerà un libro: cosa speri che i lettori possano trarre dalla tua ricerca e quali messaggi vuoi trasmettere alle nuove generazioni che si affacciano al mondo dell’IA?

Per me scrivere è sempre stato un atto di libertà. Ho colto questa tesi come un’occasione per immergermi nella scrittura, per dedicarmi a un tema che mi affascinava, per portare avanti un percorso che andasse oltre gli studi tradizionali. E credo che questo sia il messaggio più importante che vorrei trasmettere: non fate della laurea solo una corsa ad accumulare esami e crediti, usatela come un’occasione per esplorare, per mettervi in gioco, per dare forma alle vostre passioni. Ovviamente, il mio libro sarà uno strumento per comprendere cos’è l’IA, come è nata, come sta cambiando la nostra società. Ma oltre ai contenuti, vorrei che fosse anche un invito a non lasciarsi ingabbiare dalla standardizzazione. Studiate, certo, ma create. Ponetevi domande. Andate oltre i binari prestabiliti. Perché il sapere non è solo un insieme di nozioni, ma un esercizio di libertà.