In un contesto globale in cui gli eventi meteorologici estremi, come inondazioni e siccità, e la crescente domanda di suolo ed energia minacciano sempre più gli equilibri tra uomo e ambiente, la ricerca scientifica si muove per offrire soluzioni concrete e sostenibili.
In ambito urbano, una risposta interessante arriva dal sottosuolo: si chiama geotermia a bassa entalpia, che utilizza il calore naturale della terra per produrre energia in modo pulito.
Ne parliamo con Valerio Silvestri, assegnista di ricerca presso il dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Terra (DISAT) del nostro ateneo, che, in collaborazione con il gruppo di geotermia del dipartimento (Alberto Previati, Giovanni Crosta, Paolo Frattini e Riccardo Castellanza), ha realizzato una tesi di dottorato sull’implementazione di sistemi geotermici nella città metropolitana di Milano.
Valerio Silvestri, cos’è in parole semplici la geotermia a bassa entalpia e perché è così interessante per una città come Milano?
L’entalpia è una misura dell’energia totale contenuta in un sistema, che comprende sia il calore interno sia la pressione: in questo caso, si sfruttano temperature moderate presenti nei primi strati del terreno per alimentare impianti di riscaldamento e raffrescamento efficienti e sostenibili.
La geotermia a bassa entalpia si basa sull’estrazione ed accumulo di calore negli strati più superficiali della terra e nelle falde acquifere in essi presenti.
Innanzitutto è bene distinguere tra sistemi a circuito chiuso ed aperto. I sistemi a circuito chiuso scambiano semplicemente l’energia con il sottosuolo, senza un diretto prelievo di fluidi. Quelli a circuito aperto, invece, la falda acquifera (presente nel sottosuolo) con uno scambio diretto d’acqua, per l’estrazione e l’accumulo di calore, questi ultimi sono i più diffusi all’interno del territorio della città metropolitana di Milano.
In secondo luogo, entrambi questi sistemi operano tramite l’utilizzo di una pompa di calore, che contribuisce ad aumentare l’efficienza del sistema e a ridurre notevolmente le emissioni dei gas climalteranti oltre ai costi in bolletta, rispetto alle tradizionali caldaie. Le pompe di calore adoperate in questo tipo di impianti sono tra le tecnologie più efficienti sul mercato.
Uno tra i principali vantaggi nell’impiego di queste tecnologie per la città metropolitana di Milano è la vasta estensione dell’acquifero superficiale, una risorsa che non in tutte le città italiane è disponibile. Inoltre, la presenza dell’acquifero a basse profondità risulta in minori costi di perforazione per l’installazione dei pozzi e per l’estrazione dell’acqua.
Che ruolo ha il suolo nel far funzionare bene un impianto geotermico?
Affinché il sistema funzioni in modo efficiente, è importante che l’acqua nella falda si mantenga in movimento e che la temperatura sia stabile nel tempo. Questo è possibile grazie alla permeabilità del terreno e al fatto che l’acqua, essendo isolata dalla superficie e dotata di un elevato calore specifico, riesce a conservare bene la sua temperatura.
Nella città metropolitana di Milano, la maggior parte di questi impianti è di tipo convenzionale. Il funzionamento è piuttosto semplice:
- In inverno, un pozzo di presa estrae l’acqua dalla falda e la invia a una pompa di calore, che ne sfrutta l’energia per riscaldare l’edificio. Dopo il suo utilizzo, l’acqua – ora più fredda – viene reimmessa nel sottosuolo attraverso un pozzo di resa.
- In estate, il processo si inverte: l’acqua estratta serve ad assorbire il calore in eccesso dell’edificio, raffrescarlo. L’acqua, più calda, viene poi restituita alla falda.
Se la temperatura dell’aria aumentasse, per effetto del cambiamento climatico, il rischio sarebbe un incremento del numero di mesi in cui l’impianto viene utilizzato in raffrescamento, immettendo nella falda sempre più acqua calda. A lungo andare, questo potrebbe alterare l’equilibrio termico naturale della falda e ridurre l’efficienza dei sistemi geotermici. Inoltre, gli impianti funzionerebbero in modo sbilanciato, perché raffrescherebbero molto più di quanto riscaldino, generando un accumulo di calore sotterraneo.
Avete analizzato anche i permessi già concessi dal Comune per questi impianti: cosa ci raccontano su come Milano sta cambiando?
La città metropolitana di Milano ha visto uno sviluppo esponenziale nell’installazione di questo tipo di sistemi nella scorsa decade, attualmente vengono installati circa 300 - 400 impianti all’anno all’interno del territorio metropolitano. È importante, quindi, tenere in considerazione il fatto che impianti posti a distanze molto ravvicinate gli uni dagli altri, possono ridurre l’efficienza del sistema geotermici studiato in fase progettuale. Quindi è cruciale studiare la distribuzione spaziale delle installazioni, dato che ci sono aree della città in cui sarebbe ancora possibile installare nuovi impianti ed altre in cui non sarebbe più possibile, data la grande densità attuale delle installazioni.
Ci tengo a sottolineare che lo sfruttamento dell’energia geotermica è una soluzione estremamente efficiente e strategica per combattere l’inquinamento prodotto dalle fonti fossili, ma è bene valutare ogni singola installazione per comprendere come potrebbe comportarsi nell’insieme, senza approvare ogni richiesta di installazione/conversione solo perchè “inquinerebbe di meno”. Un impianto poco efficiente rischia di far salire il prezzo della bolletta rispetto al pre-intervento.
Il vostro studio parla anche di risparmio energetico e ambientale: quanto può aiutare davvero la geotermia nel ridurre le emissioni e i costi in bolletta?
Come tutte le fonti rinnovabili dal pannello solare alla pala eolica, anche la geotermia necessita di costi d’installazione moderatamente elevati (se si considerano i diversi incentivi) per essere fruibile. La quantificazione del risparmio economico è complessa dato che dipende da numerose variabili, comunque il payback (periodo di tempo che si deve attendere per compensare l’installazione iniziale spendendo meno in bolletta) è generalmente compreso tra i 10 ed i 15 anni. Un impianto geotermico efficiente può arrivare a ridurre fino al 90% le emissioni prodotte nell’arco di un anno e, se accoppiato a pannelli solari, questo valore può crescere ulteriormente.
Guardando avanti, secondo lei potremo vedere sempre più case e palazzi con impianti geotermici? E cosa servirebbe per accelerare questa transizione?
Per poter effettuare una transizione verso l’impiego più strategico e sostenibile della risorsa è bene tenere in considerazione vari aspetti.
È fondamentale monitorare in maniera accurata il livello (studio idrologico) e la temperatura (studio energetico) dell’acqua di falda, un’attività portata avanti dal nostro dipartimento dal 2016, per poter valutare e prevedere i possibili cambiamenti di questi parametri nel tempo.
Un altro aspetto è invece dato dalla modellazione numerica delle interazioni tra impianti diversi, in modo da verificare quali siano le aree della città in cui è ancora possibile installare nuovi impianti per sfruttare la risorsa e quali invece siano le aree in cui non è più possibile dato l’elevato stress energetico esercitato sulla falda acquifera.
In sintesi è bene pensare ad un’ottima gestione centralizzata ed ad un uso ottimizzato della risorsa in modo tale da poterla rendere sostenibile e fruibile per tutti coloro che potrebbero essere interessati ad installarla nella propria abitazione.
