Fitorisanamento, un possibile strumento per un modello di città più sostenibile - Bnews Fitorisanamento, un possibile strumento per un modello di città più sostenibile

Fitorisanamento, un possibile strumento per un modello di città più sostenibile

BNalberi2

“Il fitorisanamento fra nature based solutions, regole procedimentali e sviluppo urbano sostenibile” è il titolo dell’articolo, recentemente pubblicato sulla Rivista Giuridica dell’Ambiente, che inquadra il panorama giuridico di questa tecnica di risanamento del suolo.

Facciamo il punto con l’autore, Luca Belviso, ricercatore di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, che proprio grazie a questo lavoro di approfondimento è risultato tra i vincitori del Premio “La metamorfosi della città” in memoria di Guido Martinotti, sociologo urbano di fama internazionale. Un riconoscimento rivolto ai giovani ricercatori dell’Ateneo che, partendo da sguardi disciplinari diversi, si sono dedicati ai seguenti temi: la qualità della vita, la mobilità spazio-temporale, i rapporti tra tecnologia e vita quotidiana, tra urbanizzazione e sostenibilità, tra metropoli e globalizzazione.

Cos’è il fitorisanamento e quali caratteristiche presenta?

Il fitorisanamento è una tecnica alternativa e innovativa di ripristino ambientale che sfrutta gli alberi e le piante per il trattamento biologico dei contaminanti presenti nel suolo, al fine di ridurne la concentrazione. Nell’ultimo decennio la ricerca in questo ambito sta aumentando e i vantaggi sono molteplici, primo fra tutti un’elevata sostenibilità sotto il profilo ecologico, in termini di salvaguardia della biodiversità e fertilità del suolo, con costi estremamente più contenuti rispetto agli interventi tradizionali. La piantumazione costituisce peraltro un intervento che impatta positivamente anche sulla qualità del paesaggio.

Esistono tuttavia alcune criticità legate ai tempi del trattamento, non brevi in quanto collegati al naturale ciclo di sviluppo degli alberi e delle piante, che possono scontrarsi con le attività programmate di riutilizzo dell’area.

Inoltre, la buona riuscita di un progetto di fitorisanamento è influenzata da numerose variabili che risultano collegate alle caratteristiche del sito specifico, ma anche alle condizioni climatiche, come la temperatura e le precipitazioni, che rappresentano fattori difficilmente “governabili” e che influenzano l’esito dell’operazione.

Si tratta di un approccio che sta acquisendo una progressiva rilevanza non solo in campo scientifico ma anche, conseguentemente, nella sfera del diritto.

Da dove partire per definire le coordinate giuridiche del fitorisanamento?

A livello preliminare ho svolto un lavoro di ricognizione delle fonti per poi dedurre il quadro complessivo.

Ho preso le mosse dalla dimensione sovranazionale, analizzando il quadro di regole di diritto internazionale ed euro-unitario, per poi passare a quella nazionale.

Il diritto internazionale, in via generale, promuove una gestione sostenibile del suolo al fine di conseguire “il degrado zero” della risorsa, che costituisce un obiettivo anche richiamato dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile (obiettivo 15). Pur non menzionando espressamente le tecniche alternative di bonifica, è possibile riscontrare una serie di previsioni che richiamano l’attenzione sul miglioramento della qualità del suolo (Documento finale della Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile, 2012) e sull’individuazione di tecniche appropriate di riabilitazione dei suoli degradati per salvaguardarne la biodiversità (Carta mondiale del suolo, FAO 2015 e Linee guida volontarie per la gestione sostenibile del suolo, FAO 2016).

Il diritto dell’Unione europea, analogamente, promuove la gestione sostenibile della risorsa al fine di realizzare l’obiettivo del “buono stato di salute dei suoli in tutta l’Unione entro il 2050”. Le tecniche alternative di bonifica risultano menzionate in una Comunicazione della Commissione europea (Strategia dell’Unione europea per il suolo per il 2030, 2021) e in una Risoluzione del Parlamento europeo (Sulla protezione del suolo, 2021), ove le istituzioni ne valorizzano la sostenibilità economica ed ecologica, sottolineando il ruolo dei microorganismi del suolo quali potenti alleati contro l’inquinamento.

Peraltro, anche le recenti Strategie europee in materia di clima (Green Deal europeo, 2019), biodiversità (Strategia sulla biodiversità per il 2030, 2020) e foreste (Strategia dell’Unione europea per le foreste per il 2030, 2021) promuovono le cosiddette soluzioni basate sulla natura (NBS, Nature Based Solutions), di cui il fitorisanamento rappresenta un esempio.

In sostanza, assistiamo all’emersione di una serie di previsioni di soft law che promuovono l’impiego di tecniche sostenibili di bonifica, fra cui rientra il fitorisanamento.

Sul fronte, invece, del diritto nazionale?

A livello interno le tecniche sostenibili di bonifica vengono promosse non solo in atti di soft law, bensì anche in norme dotate di forza cogente intesa in senso tradizionale.

Infatti, oltre alle recenti Strategie nazionali in materia di biodiversità (Strategia nazionale per la biodiversità per il 2030, 2023) e foreste (Strategia forestale nazionale, 2022) che promuovono le NBS, vi sono disposizioni che valorizzano tali tecnologie anche in fonti legislative o regolamentari.

Il Codice dell’ambiente (d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152), nella scelta della modalità degli interventi di bonifica, enuclea una serie di criteri che favoriscono un approccio in linea con le tecniche alternative, dove applicabili, al posto della bonifica tradizionale (art. 242, comma 8, che rinvia all’allegato 3, parte IV, titolo V per la selezione delle “migliori tecniche di intervento a costi sostenibili”, cd. B.A.T.N.E.E.C., Best Available Technology Not Entailing Excessive Costs).

Ancora più esplicito sul punto è il D.M. 1 marzo 2019, n. 46, che, per i terreni agricoli, individua espressamente il fitorisanamento quale soluzione preferibile rispetto ai trattamenti tradizionali (allegato 4).

Quale futuro per il fitorisanamento nello sviluppo urbano?

La mia ricerca vuole offrire dei punti di partenza.

Il fitorisanamento può costituire uno strumento da utilizzare in modo più ampio, soprattutto in zone urbane contaminate e allo stesso tempo dismesse e non oggetto di progetti di riconversione, per immaginare e costruire un modello di città più sostenibile, in un’ottica di rigenerazione e riqualificazione ecologica degli spazi urbani.

A livello regionale e locale troviamo vari riferimenti alle tecniche alternative e sostenibili.

Nel programma regionale lombardo di bonifica sulle aree inquinate si sottolinea l’importanza di selezionare le tecnologie più appropriate al caso concreto, valutandone opportunamente l’efficacia anche in termini di minimizzazione dell’impatto ambientale e dei costi sostenuti. In particolare si specifica che la Regione stimola la sperimentazione e incentiva attività di ricerca al fine di migliorarne l’applicazione presso siti da bonificare.

Diversi Comuni, come Milano, prevedono nei piani di governo del territorio interventi nella stessa direzione.

Ricordiamoci, del resto, che lo sviluppo urbano sostenibile è un obiettivo consolidato e rinvenibile a ogni livello ordinamentale: dalle “Carte urbane” adottate dal Consiglio d’Europa all’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile (obiettivo 11) e, ancora, dai numerosissimi atti unionali (Dichiarazioni, Carte delle città, Agende urbane, ecc.) che richiedono agli enti locali una seria riqualificazione verde delle città fino alla missione n. 5 del PNRR nazionale, di cui costituisce parte integrante proprio la rigenerazione ambientale degli spazi urbani.

Come nasce questo lavoro di approfondimento?

Lo studio che ho condotto rappresenta un esempio tangibile della sinergia tra giuristi e scienziati dell’Ateneo. Questa ricerca, inclusa nelle attività del Centro Nazionale per la Biodiversità (NBFC) di cui l’Università è parte integrante, ha infatti avuto origine dagli spunti dei biologi dell’Ateneo, specialisti in fitotecnologie, con cui è stato sempre vivo il confronto multidisciplinare. Sono particolarmente orgoglioso di far parte di una realtà in cui vi è una così proficua collaborazione tra i Dipartimenti.

Desidero sinceramente ringraziare la Prof.ssa Eva Cantarella e l'Università Bicocca per aver dato vita a questa importante iniziativa, e i professori e i ricercatori che hanno contribuito al miglioramento del mio lavoro; in particolare la Prof.ssa Monica Delsignore e il Prof. Alfredo Marra per i preziosi consigli che mi hanno offerto durante tutto il processo di stesura e revisione. Un ringraziamento speciale va anche al Prof. Massimo Labra e al Dott. Werther Guidi Nissim per avermi fornito i necessari strumenti scientifici di base.

Infine, segnalo un futuro incontro di studio sul tema, dal titolo "La bonifica dei siti contaminati alla prova della sostenibilità", in programma presso la Torre dell’Acqua dell’Università (edificio U36) il prossimo 10 giugno. Sarà un’occasione preziosa in cui accademia e rappresentanti delle istituzioni si confronteranno sulle soluzioni di bonifica sostenibili per affrontare con efficacia alcune delle sfide ambientali del nostro tempo.