Anche voi sempre connessi, reperibili sempre e comunque, attenti ad ogni bip del vostro fedele smartphone? Ecco, se vi ritrovate in questo identikit, come molti d’altronde, bisognerebbe forse aggiungere a questi aggettivi anche …“stressati”.
Benessere personale e utilizzo della tecnologia digitale sono infatti due concetti che ormai si intrecciano sempre più spesso, sottolineando ora i lati positivi ora le criticità.
Marco Fasoli, assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Sociologia e ricerca sociale di Milano-Bicocca, da anni studioso di scienze cognitive, nel libro “Il benessere digitale” (Ed.Il Mulino) si è interrogato sulla relazione tra tecnologia e benessere.
Marco, da cosa nasce l’idea del tuo libro?
“Il benessere digitale” nasce dalla percezione che sia necessario fare un bilancio critico del ruolo che le nuove tecnologie giocano per il nostro benessere. Mi sembrava importante iniziare ad approfondire la relazione tra benessere e dispositivi digitali da una prospettiva scientifica, dedicando una monografia a questo problema, consapevole che si tratta di un problema molto complesso e articolato che dovrà essere approfondito in futuro.
“Quando un servizio è gratis, il prodotto sei tu e il prezzo è il tuo benessere”. Questa frase del tuo libro mi ha molto colpito: cosa significa?
Nascosta dietro la gratuità di molte applicazioni, c’è una logica che potrebbe essere così riassunta: siccome tu mi paghi con i dati e non in denaro, allora io studierò il design e le tecniche comportamentali più adatte per farti usare la mia applicazione il più possibile e guadagnare di più (raccogliendo più dati), a costo di interromperti spesso, stressarti, farti dormire meno e renderti insoddisfatto. In questo senso, per usare molte app non paghiamo con il denaro ma con il nostro benessere, che viene minacciato costantemente attraverso il cosiddetto design della dipendenza che nasce da fini commerciali.
Cos’è e soprattutto, come fare a creare quello che definisci “stato di benessere digitale”?
Lo stato di benessere digitale rappresenta la condizione di chi riesce a usare efficacemente la tecnologia senza “essere usato”, privilegiando in primo luogo la qualità di utilizzo rispetto alla quantità. Si tratta di una condizione in cui la tecnologia viene impiegata per comunicare in modo strategico, per alleviare lo stress attraverso forme di intrattenimento significative, oppure come uno strumento di lavoro utile a impiegare efficaciemente il nostro tempo a disposizione.
Strategie di sopravvivenza: come auto-regolamentarsi?
Un primo passo per limitare il sovra-utilizzo può essere l’uso di un programma di monitoraggio del tempo di utilizzo in grado di restituire una fotografia settimanale del tempo speso con i nostri dispositivi e le diverse app. Per quanto riguarda lo stress, invece, uno degli aspetti più importanti oggi è la corretta gestione delle comunicazioni digitali. Per esempio, per evitare che la disconnessione temporanea generi la cosiddetta FOMO (fear of missing out) è importante avvisare strategicamente i nostri contatti che non saremo disponibili quando decidiamo di staccare e di essere offline. In questo modo ci libereremo dalla percezione di dover essere sempre a disposizione e eviteremo che una mancata risposta possa essere letta da parte degli altri come una mancanza di interesse.