Duetti musicali e balli di coppia: per suonare o danzare insieme serve un “piano motorio diadico” - Bnews Duetti musicali e balli di coppia: per suonare o danzare insieme serve un “piano motorio diadico”
Duetti musicali e balli di coppia: per suonare o danzare insieme serve un “piano motorio diadico”
due_teste_eli_riva.jpg

Che cosa succede quando due musicisti suonano insieme una melodia e quando due ballerini eseguono una coreografia? Quando suonano o danzano insieme non si limitano a svolgere meccanicamente una serie predeterminata di movimenti, ma tengono conto di cosa fa l’altro – il partner – e dell’obiettivo comune da raggiungere, in questi casi la melodia o la coreografia da eseguire.
 
La ricerca condotta dai ricercatori del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca è stata pubblicata sulla rivista scientifica “Scientific Reports” (L.M. Sacheli, E. Arcangeli, E. Paulesu, Evidence for a dyadic motor plan in joint action, DOI: 10.1038/s41598-018-23275-9) ed è stata realizzata in collaborazione con l’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi. È il primo studio a ipotizzare che per una coordinazione interpersonale efficace il nostro sistema motorio si basi un piano motorio “diadico” – cioè proprio di una coppia – basato sulle aspettative che riguardano i movimenti del partner. L’obiettivo comune di un'interazione, così come il contributo necessario per raggiungerlo, sarebbe dunque incluso nel piano motorio di entrambi i soggetti.
 
Quali meccanismi distinguono le azioni interattive da quelle non interattive? È possibile provare l’esistenza di un piano motorio diadico nell’azione congiunta di più soggetti agenti? Per rispondere a queste domande i ricercatori hanno utilizzato un nuovo paradigma sperimentale che ha permesso loro di testare i partecipanti mentre a turno suonavano alcune note musicali con un partner virtuale: nella condizione interattiva, i partecipanti hanno eseguito una semplice melodia insieme al loro partner afferrando (nota “do”) o premendo (“sol”) uno strumento di forma cubica, alternandosi nel suonare una nota ciascuno. Nella condizione di controllo non interattiva, invece, il comportamento dei giocatori non era guidato da una melodia condivisa, quindi le azioni e le note suonate dal partner erano irrilevanti per il partecipante.
 
È stato dimostrato che in una condizione non interattiva i soggetti imitano involontariamente e passivamente i movimenti del partner virtuale. Ciò non avviene in una condizione interattiva, nella quale non imitano, ma prevedono la nota che farà il partner. Questo studio indaga le basi cognitive della coordinazione e i risultati suggeriscono che l'interattività del compito sia in grado di modellare la codifica senso-motoria dei comportamenti degli altri: un'interazione efficace si basa sulla previsione attiva degli effetti dell'azione del partner, piuttosto che sull'imitazione passiva dei suoi movimenti. La tesi dei ricercatori è che tali previsioni siano basate su piani motori diadici – che rappresentano sia il contributo dell'agente stesso, sia quello del partner – per raggiungere l'obiettivo dell’interazione, come suonare una determinata melodia insieme.
 
Questa ricerca è basata su due esperimenti comportamentali durante i quali sono state testate 50 persone destrimani di età compresa fra i 18 e i 30 anni, in pari percentuale uomini e donne, e nessuno di loro è musicista di professione. Altri due esperimenti di controllo con un campione di 30 persone hanno dimostrato la robustezza dei risultati e la loro replicabilità. Lo studio dimostra che il contesto sociale (interattivo/non interattivo) in cui le nostre azioni si svolgono cambia il modo in cui esse vengono codificate. Questo significa che se stiamo interagendo con un'altra persona, il nostro sistema cognitivo – e quindi presumibilmente il nostro cervello – reagisce diversamente, almeno in condizioni non patologiche.
 
«Indagare le abilità alla base della coordinazione interpersonale ha estrema rilevanza clinica e in termini di applicabilità. Studiare quali siano le basi cognitive dell’interazione motoria è fondamentale per poter descrivere quali siano i meccanismi cruciali per un’interazione efficace, anche in un contesto di interazione uomo-macchina, e per identificare quali meccanismi potrebbero essere compromessi in situazioni patologiche e di disagio che portano a interazioni sociali disfunzionali. Il nostro studio fornisce una robusta cornice teorica essenziale in tal senso», spiegano Lucia Maria Sacheli, assegnista di ricerca del Centro di Neuroscienze NeuroMI e del Dipartimento di Psicologia, ed Eraldo Paulesu, professore di Psicologia fisiologica all’Università di Milano-Bicocca.
 
Didascalie
Figura 1 – “Due teste” di Eli Riva, Como, anni ‘50. Per gentile concessione della famiglia.
Figura 2 – L’immagine mostra, nei due compiti sperimentali, la grandezza degli effetti di “imitazione automatica”, cioè quanto il soggetto imita involontariamente il movimento del partner virtuale, e di “predizione della nota” del partner virtuale durante l'osservazione del suo movimento. Mentre il primo effetto è presente solo in una condizione non interattiva, il secondo è presente solo durante un’interazione.