Si chiama CovX. È un software in grado di fornire ad ogni persona la consapevolezza del rischio di contagio legato alle proprie scelte, nelle situazioni di ogni giorno. Alla progettazione del software, in attesa di sviluppo, hanno partecipato anche ricercatori di Milano-Bicocca e del Politecnico di Milano. Come ci spiega Francesca Greselin, membro del team ideatore insieme con Giovanni Corrao, professori del Dipartimento di Statistica e Metodi Quantitativi del nostro Ateneo.
Da dove nasce CovX?
Dall'idea che questo virus non abbia ancora contrasti farmacologici e vaccinali efficaci e che serva quindi uno strumento per proteggersi, ora che inizia la Fase 2 e che è finito il periodo di isolamento e distanziamento sociale.
L'obiettivo?
Aumentare la consapevolezza delle persone e minimizzare i rischi di contagio, nel graduale ritorno alla normalità. Contribuendo così a “spegnere” l’epidemia di Coronavirus massimizzando, al contempo, le libertà individuali dei cittadini e le possibilità di ripresa del sistema economico.
Il mezzo?
L'abbiamo chiamato CovX: è un sistema software, di facile accessibilità, di “adaptive social distancing”, con cui il distanziamento sociale viene adattato alla situazione personale. CovX è un sistema a supporto delle decisioni individuali, basato su modelli statistico-matematici, che fornisce all'utente le informazioni sulla probabilità di contagiarsi, e di contagiare i propri cari, sulla base dei comportamenti che intende adottare.
Ci può fare un esempio?
CovX mi dice quanto rischio, e quanto rischiano i miei familiari, se per cinque giorni mi reco al lavoro, in una specifica zona geografica, e mi incontro per due ore con un collega. Oppure se esco per fare sport al parco, se vado al supermercato. In base alle informazioni di scenario che inserisco, mi viene restituito un segnale semaforico, verde, giallo o rosso, volto a mantenere l’R(t) [nda: tasso o indice di contagiosità] al di sotto dell’unità e corrispondente al livello di rischio.
E se arriva semaforo rosso o giallo ma qualche impegno è inderogabile?
A quel punto CovX fornisce uno scenario compatibile ma meno pericoloso e suggerisce tutte le precauzioni del caso su come affrontare l'evento, l'uso dei guanti, della mascherina, il lavaggio frequente delle mani, la distanza. In questo modo il software diventa anche un promemoria delle norme di sicurezza introdotte da quando è iniziata l'emergenza e sempre più necessarie ora che stiamo “riaprendo” l'Italia.
Differenza da “Immuni” o “Allertalom”?
CovX differisce sostanzialmente dalle altre app disponibili, in particolare da Immuni, in quanto dà un reward immediato, fornendo informazione. Inoltre agisce a priori – cercando di evitare il contagio – e non a posteriori, dopo che ormai il contagio è potenzialmente avvenuto. Non richiede la massa critica di registrazioni per offrire ai cittadini un feedback di valore: se anche fossi l'unica persona a utilizzarlo domani mattina, mi permette di decidere la mia giornata con consapevolezza. Infine, il sistema - by design - non prevede l'immagazzinamento di dati sensibili, né nella fase di progettazione, né in produzione. E può integrare le altre app.
Chi c'è dietro?
Un team multidisciplinare di epidemiologi, virologi, fisici, statistici, ingegneri, matematici, avvocati e imprenditori, di diverse realtà e istituzioni, coordinati da Marco Milani, imprenditore e fondatore di IdeaTech. Tra di essi anche il nostro Ateneo e il Politecnico di Milano, che hanno voluto unire energie e competenze per sviluppare in dettaglio il concept di CovX per dare una mano all'Italia. Il nostro gruppo di lavoro vuole ora metterlo a disposizione gratuitamente alle istituzioni: Regioni, Governo, Protezione Civile, Unione Europea.
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