In occasione della giornata di sensibilizzazione sulla pressione arteriosa che avrà luogo domenica 17 luglio in più di 50 rifugi alpini e appenninici (organizzata da Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa, Commissione Medica del Club Alpino Italiano, Società Italiana di Medicina di Montagna, World Hypertension League, Università degli Studi di Milano-Bicocca, e IRCCS - Istituto Auxologico Italiano) Gianfranco Parati, professore onorario dell’Ateneo e direttore scientifico dell’Istituto Auxologico Italiano, ci spiega come preservare la salute quando si sale in alta quota.
Quali sono i principali problemi per la salute che insorgono quando si sale in alta quota?
Abbiamo affrontato questo tema in numerosi studi i cui risultati sono riportati in diverse pubblicazioni sui principali giornali scientifici internazionali. In particolare, abbiamo chiaramente dimostrato che la pressione arteriosa registrata nell’arco delle 24 ore sale ascendendo in quota, in modo proporzionale all’altezza raggiunta. Fenomeno che è più evidente con l’avanzare dell’età. E questo si verifica sia in persone normali e sane sia in persone che già soffrono di ipertensione arteriosa (Parati g. e coll. European Heart Journal 2013; 34. 759-76; Parati G e coll. European Heart Journal 2014; 35: 3113-3121; Bilo G. e coll Hypertension 2015;65:1266-1272). In un recente lavoro, pure pubblicato sulla rivista European Heart Journal, abbiamo descritto cosa accade quando persone che soffrono di patologie cardiache intraprendono un’ascesa in montagna, cercando di dare raccomandazioni perché questo possa essere fatto in sicurezza. (Parati G .e coll, Eur Heart J. 2018;39:1546-1554). Data la riduzione della pressione barometrica che si verifica in alta quota l’apporto di ossigeno che arriva al sangue è inferiore rispetto alla norma e il nostro corpo ha la necessità di adattarsi alle nuove condizioni. I meccanismi di adattamento comportano una modifica della nostra attività respiratoria e della regolazione nervosa e umorale di cuore e vasi sanguigni, con possibile comparsa di sintomi come mal di testa, nausea, instabilità al cammino, che sono tra le manifestazioni del “mal di montagna”. In casi estremi a quote molto elevate si possono anche verificare gravi eventi come un edema cerebrale o un edema polmonare.
Da qui la necessità di prevenire i possibili malori legati all’esposizione acuta all’alta quota, attraverso una adeguata preparazione fisica, l’esecuzione di controlli medici sulla stabilità della nostra salute prima di avventurarsi in quota e una progressione a tappe nella salita in montagna.
Come ci si può preparare durante l’anno in vista della montagna?
Nelle persone che soffrono di patologie cardiovascolari, come aritmie, angina, pregressi infarti, ictus, ischemie transitorie, scompenso cardiaco o alta pressione, i rischi legati all’alta quota aumentano. Al di là di alcuni principi generali, ogni caso va valutato individualmente per definire il grado di stabilità delle condizioni cliniche di una data persona e poter indicare se una ascensione in montagna sia consentita e fino a che altitudine ci si possa spingere. Per salire a quote moderate (1500-1700 metri) senza problemi con una adeguata preparazione fisica può essere sufficiente tenersi allenati con jogging, corsa o con nuoto o percorsi in bicicletta. Per quote più elevate, oltre i 2500 metri, oltre alla preparazione fisica è necessaria la verifica sulla stabilità delle proprie condizioni cliniche, come già ricordato. Occorre inoltre salire gradualmente per dare il tempo al nostro corpo di adattarsi. Per quanto riguarda la valutazione preliminare delle condizioni di salute, potrà essere opportuno, sulla base delle condizioni individuali, effettuare oltre ad una visita accurata con ECG anche degli esami del sangue, un test da sforzo, un ecocardiogramma, ed un controllo della pressione arteriosa, anche nelle 24 ore. Ove necessario, il medico potrà anche suggerire dei farmaci, sia adattando una eventuale terapia già in atto allo scopo di affrontare meglio gli effetti cardiovascolari dell’ascesa in quota, sia prescrivendo sostanze specifiche che possano facilitare l’adattamento in quota prevenendo il mal di montagna. A questo scopo, dopo attenta valutazione individuale, viene frequentemente prescritta acetazolamide (diamox), da iniziare ad assumere due giorni prima della partenza e da continuare nei primi due giorni di permanenza in alta quota.
Una volta raggiunte quote elevate cosa si può fare per limitare i sintomi?
Solitamente i problemi insorgono dopo circa 4/6 ore dall’arrivo in quota quando il respiro si fa più veloce (con maggiore eliminazione di anidride carbonica), il battito cardiaco accelera e la pressione sale. Occorre quindi dosare attentamente le nostre forze e consentire il necessario periodo di riposo e adattamento al nostro organismo, prima di impegnarsi in attività fisiche. Può anche essere utile imparare a controllare la respirazione e a rallentarla, anche mediante strumenti a guida musicale, in modo da ottimizzare gli scambi di gas a livello alveolare. Un altro problema che può insorgere in quota è la trasudazione di liquido a livello alveolare che se non adeguatamente trattata può evolvere in franco edema polmonare. Esistono vari interventi per prevenire questa grave complicanza, tra cui l’utilizzo della ventilazione a pressione di aria positiva con strumenti utilizzati solitamente nella terapia delle apnee ostruttive nel sonno: i ventilatori “CPAP” ( Continuous Positive Air Pressure).
Ma alla base di tutto, per garantire una ascesa sicura in montagna anche a chi soffra di condizioni cardiache pre-esistenti, ci deve essere una attenta valutazione medica preliminare che definisca un profilo di rischio individuale sulla base del quale debbano essere prese le necessarie decisioni.