Uno stereo acceso e una strada. Oppure una piazza. Tanto basta ai b-boys e alle b-girls, i ballerini di breaking - pratica più nota col nome di break dance -, per dar vita a una performance sulle note dell’hip-hop.
Tra gli studenti del nostro ateneo, c’è Alessandra Chillemi, la campionessa italiana di questa disciplina. Uno sport ma anche un’arte, plasmata da una cultura proveniente da oltreoceano, da New York più precisamente, dove è nata più di cinquant’anni fa.
Ora gli occhi sono puntati su Parigi 2024, quando il breaking per la prima volta sarà presente ai giochi olimpici. Alessandra si sta preparando per questo appuntamento anche grazie al supporto del programma dual career di Milano-Bicocca che sostiene gli studenti-atleti.
Alessandra, come nasce la passione per questo sport?
È iniziato tutto quando avevo sei anni. Vivevo in una base militare, a Messina, perché mio padre era nell’esercito della Marina. Qui, anche se molto piccola, avevo la possibilità di andarmene in giro da sola. Un giorno ho notato due miei vicini di casa, anche loro figli di militari, che si sfidavano a colpi di acrobazie e movimenti nuovi ai miei occhi.
È stato un colpo di fulmine?
Proprio così. All’epoca, come un po’ tutte le bambine, facevo danza classica. Ma osservando questi ragazzi ho capito che era quella la mia strada. Ho iniziato a spiarli. Mi nascondevo per studiare i loro movimenti e riprodurli. Poi ho scoperto che si allenavano con un gruppo, la Marittima Funk Crew, nel quale sono entrata anche io due anni più tardi.
Come si diventa a tutti gli effetti una b-girl?
Quando ho iniziato io era difficile trovare il breaking nelle scuole di danza. Sono cresciuta allenandomi per strada. All’età di otto anni ho fatto la mia prima gara internazionale, in Olanda, dove ho raggiunto le semifinali nella categoria femminile. Da quel momento ho iniziato a fare più gare possibile in giro per l’Europa, cercando di “rubare” tutti i segreti dalla scena internazionale.
In giro per l’Europa così giovane: hai avuto una famiglia che ti ha sostenuto?
Sì, sono stata molto fortunata in questo. La mia famiglia ha visto quanto fossi appassionata e i sacrifici che facevo, per questo mi ha sempre supportata e seguita, senza mai pressarmi. Mio padre quando ero piccola era come un coach per me: oltre che alle gare, mi accompagnava e seguiva tutti i miei allenamenti alla stazione.
Nel frattempo insieme a te è maturato anche questo sport…
Esatto, oggi è tutto diverso. La disciplina si è evoluta e il breaking è diventato molto più popolare anche grazie a film, serie tv e internet.
Fino ad arrivare alle Olimpiadi. Come ci si prepara in vista di Parigi 2024?
Mi divido tra Roma, dove si tengono gli allenamenti della Federazione italiana danza sportiva, e Padova, dove c’è anche il coach della nazionale. La maggior parte del tempo la passo proprio qui, dove arrivano le nuove generazioni da tutta Italia per studiare e crescere insieme.
Quando si conosceranno i nomi degli atleti italiani che parteciperanno ai prossimi giochi olimpici?
Ora siamo nella prima fase delle qualificazioni che si chiuderà a fine anno. Si disputano diverse competizioni che determinano il punteggio nel ranking mondiale. Qui siamo messi bene. Da marzo a giugno del prossimo anno, ci sarà la seconda fase, al termine della quale si conosceranno i nomi dei 16 atleti da tutto il mondo che parteciperanno alle olimpiadi.
Oltre che un'atleta sei anche una studentessa. Quale corso frequenti?
Sono al secondo anno del corso di laurea magistrale in Scienze economico-aziendali. Ho scelto l’Università di Milano-Bicocca sia per il suo prestigio sia per la presenza del percorso dual career.
Trovi che questo percorso sia funzionale per conciliare studio e sport?
Decisamente. Ho terminato il primo anno con l’aiuto prezioso del tutor che mi è stato affiancato e del mental coach che mi ha supportato nel percorso. Ora ho deciso di mettere in standby il secondo anno, approfittando proprio dell’opzione prevista dal progetto di doppia carriera per gli atleti impegnati in competizioni di interesse nazionale e internazionale, come le qualifiche olimpiche.
Obiettivi per il futuro professionale?
Al momento sono molto focalizzata sullo sport. Anche perché l’inserimento del breaking tra gli sport olimpici ha rivoluzionato tutto. L’economia comunque rimane una mia passione. In futuro cercherò di intrecciare i due percorsi, con una carriera magari nel marketing sportivo.
Qual è stato il più grande ostacolo che hai affrontato nella tua carriera sportiva?
Come accennavo prima, il cambiamento che ha visto il breaking diventare disciplina olimpica: tante opportunità ma anche tutto nuovo. Non eravamo abituati a questa pressione e a tutto ciò che comporta il settore olimpionico. Ora ho ritrovato la mia via.
E la più grande soddisfazione?
Condividere ogni giorno i valori di questa disciplina con gli altri atleti. Negli anni mi sono approcciata a tanti sport, ma ciò che ho scoperto con la break dance è unico: ci sfidiamo all’ultimo sangue, ma un attimo dopo ci abbracciamo e ci scambiamo i segreti per migliorare. È la vera competizione sana. Grazie a questo sport ho tanti amici in tutto il mondo che sarebbero pronti ad accogliermi e prendersi cura di me in qualsiasi momento e io naturalmente farei lo stesso per loro.