I prossimi 15 e 16 aprile in Università Bicocca, presso l’Auditorium G. Martinotti, si terranno gli spettacoli di teatro-scienza Se.No e RicercAttori, promossi dal PLS Piano Lauree Scientifiche. Due occasioni di divulgazione e informazione scientifica attraverso i linguaggi espressivi del teatro, della narrazione e delle altre forme d'arte, con l’obiettivo di promuovere una comunicazione empatica e stimolante della scienza.
Ne parliamo con la dottoressa Elena Sacco, coordinatrice del progetto, Giulia Toniutti, attrice e ricercatrice, e Andrea Brunello, regista.
Elena, qual è il valore della comunicazione scientifica attraverso il teatro e come può influenzare la percezione pubblica della ricerca?
È di vitale importanza, in particolare per un ricercatore, saper veicolare messaggi scientifici alla cittadinanza per evitare incomprensioni, ad esempio come quelle emerse durante il Covid19, e contribuire così a generare una cultura scientifica. Senza dimenticare le potenzialità, la bellezza, ma anche i limiti della scienza e della tecnologia, in linea con le ultime frontiere della ricerca e dell’innovazione in continua evoluzione.
È necessario che la cittadinanza capisca che la ricerca è vincolata ad un rigore dettato dal metodo scientifico, che non sempre permette al ricercatore di rispondere ad esigenze immediate o di affrontare problemi senza opportuni controlli e validazioni, che possono richiedere del tempo e causare anche frustrazione, in primis al ricercatore stesso!
Il ricercatore, infatti, non maneggia certezze ma ipotesi, valide, ma pur sempre ipotesi, che possono essere confutate in un secondo momento da evidenze scientifiche. Inoltre il lavoro di ricerca è per la maggior parte setup, insuccessi, tempi di attesa, precariato e stipendio basso, in Italia.
Dietro ad una ricerca c’è tanta umanità e, a volte, anche tante sconfitte, che possono essere superate solo con la passione, la curiosità, la resilienza.
Tutto ciò non emerge quando si fa divulgazione in modo convenzionale. Ed è qui che interviene il teatro. Mettendo a nudo il ricercatore, facendolo scendere dalla cattedra per raccontare il suo vissuto, le motivazioni profonde alla base della sua attività di ricerca; motivazioni che lo hanno portato a perseverare nella ricerca stessa nonostante le difficoltà, gli insuccessi e le fragilità. È proprio dentro a questa comunicazione emozionale del teatro che può cambiare la percezione pubblica, portando ad instaurare un rapporto di comprensione e fiducia tra il pubblico stesso ed il ricercatore narrante, che fa emergere così la bellezza e l’utilità della ricerca raccontata.
Giulia, in qualità di attrice e divulgatrice, come ha lavorato per bilanciare l'aspetto emotivo e quello informativo in Se.No e nella preparazione dei 'RicercAttori in scena', rendendo i contenuti scientifici accessibili senza perdere l'impatto teatrale?
Per lo spettacolo Se.No sono partita da una mia particolare esperienza lavorativa: sono stata in passato una delle firme di la Repubblica.it Salute Seno. Per mesi, ogni giorno, mi occupavo di tumore mammario non solo con la produzione di articoli divulgativi scientifici, ma anche con pezzi giornalistici in cui raccoglievo interviste ed esperienze di pazienti e associazioni dedicate a questa problematica. Mi emozionavo spesso nel sentire le loro storie e poi scriverle. Ho fatto così tesoro di queste emozioni che si sono presto trasformate in urgenza di condivisione attraverso il teatro. Quindi, più che una questione di “bilanciamento”, al contrario credo che la partenza sia proprio da uno sbilanciamento verso l’aspetto emotivo. Andare a raccontare qualcosa che ci emoziona e ci accomuna!
Anche se non si ha avuto contatto diretto in prima persona con il tumore al seno, ci può essere capitato di stare al fianco di una persona cara in un percorso di cura oncologica, o di vivere uno di quei momenti spartiacque della vita, dopo il quale sappiamo che non saremo più le stesse.
Queste emozioni del vissuto in comune sono come una preziosa chiave che apre la serratura dell’attenzione e spalanca la porta attraverso la quale, con il coinvolgimento, passano anche gli aspetti informativi e scientifici di ciò che si racconta.
Anche ai ‘RicercAttori’, professori e ricercatori che hanno seguito il laboratorio di comunicazione della scienza, ho suggerito questo tipo di approccio. Solo individuando che cosa maggiormente li emoziona nelle loro storie e che al tempo stesso li connette a chi li ascolterà, possono creare quell' impatto che rende accessibili i contenuti scientifici del racconto.
Il teatro scientifico è uno strumento potente per raccontare la ricerca. Andrea, quali sono le principali sfide che ha raccolto come regista nel portare in scena tematiche complesse come quelle di questi spettacoli?
Portare la scienza a teatro è difficile perché la tentazione è sempre quella di spiegare le cose, di fare delle lezioni anche se condite con qualche aneddoto o momento di alleggerimento. Siamo abituati alla scienza spiegata, ai fatti, alle tabelle e facciamo fatica ad accettare che invece possa prendere anche una dimensione diversa, più empatica, più narrativa. Ma, come dice la poetessa americana Maya Angelou, “Le persone dimenticheranno ciò che hai detto. Le persone dimenticheranno ciò che hai fatto. Ma le persone non dimenticheranno mai come le hai fatte sentire”. Ecco perché, per affrontare argomenti complessi e renderli accessibili ad un pubblico che non parte già interessato all’argomento, può essere necessario uscire da quello che viene definito il “modello del deficit” e passare invece allo storytelling, al racconto emozionale.
Dobbiamo comunque essere consapevoli che raccontare storie di scienza non equivale a tenere una lezione tradizionale. Sono due cose diverse. Ma le storie possono aiutare il pubblico a familiarizzare con idee nuove, a capire concetti complessi, ad entrare in relazione con il mondo della ricerca, a spezzare tabù e stereotipi che spesso rendono difficile la relazione con gli scienziati.
Raccontare storie di scienza quindi non è facile, perchè spesso si cade nella lezione classica, oppure la scienza non trova gli spazi adatti e viene toccata solo superficialmente. Ma le ricercatrici e i ricercatori coinvolti in questo spettacolo sono consapevoli di questi rischi e si sono misurati con tutte le difficoltà del caso.
E il risultato direi che è sorprendente, perchè non si tratta di professionisti della narrazione eppure sanno emozionare come se lo fossero. Il motivo è che si sono preparati con grande cura, e le loro storie toccano argomenti che gli stanno a cuore, affrontano tematiche per loro urgenti. Sono convinto quindi che il pubblico verrà sorpreso positivamente, divertendosi e, mi auguro, anche sviluppando un po’ di quella sana curiosità che già appartiene a chi racconterà le storie.
Gli spettacoli Se.No e RicerAttori in scena sono aperti al pubblico e ad ingresso libero, previa iscrizione tramite form.
Se.No 15 aprile ore 17:30 - guarda il programma e iscriviti
RicercAttori 16 aprile ore 17:30 - guarda il programma e iscriviti