Lo stato del cambiamento climatico e il ruolo della meteorologia: facciamo il punto con Andrea Giuliacci - Bnews Lo stato del cambiamento climatico e il ruolo della meteorologia: facciamo il punto con Andrea Giuliacci

Lo stato del cambiamento climatico e il ruolo della meteorologia: facciamo il punto con Andrea Giuliacci

Lo stato del cambiamento climatico e il ruolo della meteorologia: facciamo il punto con Andrea Giuliacci
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Il 23 marzo si celebra la Giornata mondiale della meteorologia, in coincidenza con l’istituzione nel 1950 della World Meteorological Organization (WMO). Per l’occasione incontriamo il climatologo Andrea Giuliacci, docente di Fisica dell’Atmosfera in Bicocca.

Professore, le chiediamo un suo commento sul tema selezionato dalla WMO per la Giornata mondiale della meteorologia del 2023: The future of weather, climate and water across generations.

L’acqua si delinea sempre più chiaramente come elemento centrale del dibattito contemporaneo: è il grosso problema del futuro, oltre al caldo. Sebbene l’aumento della temperatura, argomento attualissimo di questi anni, sia un dato estremamente preoccupante che porta con sé una serie di conseguenze di difficile risoluzione, la vera emergenza è la disponibilità d’acqua. Talvolta non riusciamo ad esserne davvero pienamente consapevoli ma esiste una differenza sostanziale. Dal caldo, entro certi limiti, possiamo difenderci e il nostro organismo è in grado di adattarsi; la mancanza d’acqua, invece, mette in crisi le condizioni minime per la sopravvivenza.

Gran parte delle migrazioni recenti possono essere definite climatiche, nel senso che sono determinate dalla siccità prolungata, molto più che dalla temperatura.

Quali conseguenze possiamo evidenziare in merito alla carenza delle risorse idriche?

L’area mediterranea è una delle zone, in base agli scenari simulati dai centri di calcolo, dove l’acqua diminuirà maggiormente. Dovremo prevenire problemi di indisponibilità per usi civili e domestici.

Entro fine secolo non solo pioverà meno ma soprattutto cambierà il comportamento delle precipitazioni che si concentreranno in rari eventi intensi. Una questione non trascurabile: a parità di millimetri, gli effetti sono parecchio difformi a seconda che si tratti di un unico episodio eccezionale oppure di diverse precipitazioni. Il suolo ha una capacità limitata di assorbimento, quindi l’eccesso di pioggia può esondare e comunque viene disperso senza poter essere reso utilizzabile, cosa che non accade in presenza di una distribuzione relativamente costante.

Un motivo ricorrente del nostro presente e del prossimo futuro è rappresentato dalla gestione delle risorse disponibili: dovremo imparare a ridurre degli sprechi, efficientando le reti idriche e le tecnologie agricole.

In questa direzione si inserisce, ad esempio, il piano Laghetti di Coldiretti e Anbi (Associazione nazionale consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue) che mira ad ottimizzare lo sfruttamento delle precipitazioni creando un gran numero di invasi per raccogliere l’acqua piovana.

Sebbene il nord Italia abbia una consistente e naturale riserva d’acqua, ricordo che il 2022 è stato uno degli anni più siccitosi a livello nazionale, in particolare per il nord-ovest.

Fenomeno certamente favorito in generale dall’aumento del tasso di evaporazione, a sua volta determinato dalle alte temperature.

Quale ruolo attribuisce alla scienza nella sfida delle società contemporanee al cambiamento climatico?

Rispetto al passato, oggi la percezione di un reale cambiamento climatico nell’opinione pubblica è decisamente più diffusa e concreta. Le ricerche scientifiche degli ultimi decenni costituiscono una vasta, solida base di valutazione.

Su questo punto voglio essere molto chiaro. Il climatologo e la scienza forniscono gli strumenti necessari per la comprensione imprescindibile dei meccanismi e delle criticità in atto ma è compito della politica definire le strategie e le azioni adeguate per garantire alle future generazioni un benessere almeno pari al nostro, in un’ottica di sostenibilità ambientale, economica e sociale.

Ci aiuta a comprendere il peso assunto dall’informatica nell’elaborazione dei dati meteorologici?

Negli anni ’60 e ’70 il meteo entrava nelle case degli italiani attraverso la televisione con delle previsioni generiche, compatibili con gli strumenti e la tecnologia dell’epoca. Sicuramente l’utilizzo di immagini e dati satellitari ha impresso un deciso apporto ma la vera rivoluzione è arrivata coi computer: l’informatica ha ampliato la capacità di calcolo su scala esponenziale, mediante il confronto di misurazioni provenienti da tutto il globo e l’integrazione di dati di varia natura riguardanti l’orografia, l’utilizzo del suolo, le superfici marine…

Oggi abbiamo immagini previsionali virtuali e molto accurate: l’ulteriore arricchimento di maggiori dettagli sarà parallelamente connesso allo sviluppo delle reti neurali artificiali. Esistono meccanismi naturali di cui ancora non riusciamo ad interpretare completamente il significato: vedremo quale ruolo giocherà l’intelligenza artificiale nell’individuazione di alcuni schemi che al momento ci sfuggono.

Parliamo del limite temporale oltre il quale una previsione non risulta attendibile.

Per una buona attendibilità dell’80 % e oltre dobbiamo considerare fino a quattro, cinque giorni. All’aumentare del periodo di riferimento, ovviamente, corrisponde una diminuzione della percentuale di attendibilità.

Sulle tendenze generiche, come l’arrivo di enormi blocchi di aria fredda o calda misurabili in migliaia di chilometri, si può ritenere ragionevole ed indicativa anche una previsione meno ravvicinata.

Protezione civile, navigazione, aeronautica, trasporti, agricoltura… L’influenza della meteorologia si estende ad un ventaglio ampio di settori.

Uno spettro più largo di quello che si potrebbe immaginare, con un impatto notevole dal punto di vista economico e sociale. Non pensiamo solo alle applicazioni ovvie ma spingiamoci a considerare che tutto, in certo senso, è influenzato dal clima intorno a noi. Consultiamo il meteo per organizzare al meglio moltissimi aspetti della nostra vita.

Le attività industriali e commerciali possono regolare la logistica, le modalità di produzione e conservazione dei prodotti sulla base delle indicazioni meteorologiche; anche l’approvvigionamento e il consumo dell’energia sono strettamente connessi con l’andamento del clima. Esistono studi che mettono addirittura in relazione le pessime condizioni meteo con l’incremento di recensioni negative ai ristoranti. Altri associano il caldo all’aumento di crimini violenti.

Dal punto di vista della composizione chimico-fisica dell’atmosfera, è noto che vento e pioggia contribuiscono ad abbattere i livelli di inquinamento, al contrario dell’aria stagnante. A parità di emissioni, una città può quindi risultare sensibilmente meno inquinata di un’altra in base alle condizioni climatiche della regione. La Pianura Padana è una delle aree europee più penalizzate sotto questo aspetto.

In particolare cosa può dirci sulle applicazioni in campo aerospaziale?

Lo space weather è funzionale principalmente alle attività aeronautiche e aerospaziali; tuttavia alcuni eventi che si verificano nello spazio hanno un riverbero importante anche sul nostro pianeta. Le eruzioni solari, oltre a generare eventuali ripercussioni sulle telecomunicazioni e sui satelliti, inviano sulla Terra particelle cariche di energia che, intercettate dalla Stratosfera, la surriscaldano, spingendola a espandersi e a premere sullo strato più basso dell’atmosfera: al polo l’aria fredda, così schiacciata, può scivolare ad esempio verso le aree settentrionali dell’America o dell’Europa che possono essere investite da correnti gelide nei giorni successivi all’eruzione solare.