Le 3R alternative alla sperimentazione animale - Bnews Le 3R alternative alla sperimentazione animale
 

Replacement – sostituzione, Reduction – riduzione, Refinement – miglioramento: ecco le tre parole chiave dei metodi alternativi alla sperimentazione animale. Per la prima volta enunciati dai ricercatori britannici Russel e Burch nel 1959, questi tre principi divennero poi sinomini di “metodi alternativi”.
Ma quali sono questi metodi? Quali vantaggi hanno? Ci aiuta a capirne di più Chiara Urani, docente di biologia cellulare di Milano-Bicocca, una delle relatrici e tra gli organizzatori dell’“Open day delle 3Rs”, che si terrà il 31 ottobre su iniziativa del Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Terra, con la collaborazione del Comitato Etico e della Commissione Europea (Joint Research Centre, Ispra, Varese).

Professoressa, quali sono i metodi alternativi oggi più utilizzati?
Si va dall’uso di modelli in vitro a piccoli organismi semplici e osservabili al microscopio (quali ad esempio Salmonella e il piccolo verme nematode Caenorhabtidis elegans), fino all’utilizzo di embrioni o stadi fetali di vertebrati.
Ma i metodi alternativi comprendono anche approcci predittivi delle caratteristiche di particolari sostanze basate sulle loro proprietà chimico-fisiche, oppure studi in silico in cui, attraverso l’elaborazione di modelli computerizzati, vengono messe in relazione la struttura di composti chimici e la loro attività biologica (modelli noti come QSAR) oppure la modellistica di meccanismi molecolari, o ancora lo sviluppo di particolari algoritmi in grado di simulare al computer cosa succede ad un composto chimico quando entra nell’organismo..

Quali ragioni alla base dello sviluppo di questa ricerca?
La necessità di passare dall’uso di modelli animali a metodi alternativi è stata spinta certamente da ragioni di natura etica, ma anche dai limiti che il modello animale può porre in termini di predittività e trasferibilità dei dati ottenuti all’uomo.
Una delle 3R, il Refinement, riguarda l’utilizzo di metodi che alleviano o minimizzano dolore e/o sofferenza agli animali prima, durante e dopo i test. Il modo in cui gli animali vengono stabulati, maneggiati e utilizzati ha un forte impatto sulla fisiologia, immunologia e comportamento. Il Refinement, quindi, oltre a migliorare la vita degli animali da laboratorio, migliora anche la qualità del dato scientifico.
Una forte spinta all’uso dei metodi alternativi è stata data anche da ragioni di natura economica legate ai costi e ai tempi lunghi della sperimentazione animale.
Inoltre, l’uso di metodi alternativi consente di aumentare la tutela del consumatore e la protezione dell’ambiente.

Quale lo stato attuale della ricerca?
Dalla pubblicazione del lavoro di Russel e Burch ad oggi sono stati fatti enormi progressi, grazie anche ad avanzamenti tecnico-scientifici impensabili fino a qualche decennio fa.
L’approccio emergente è sicuramente quello di massimizzare l’estrazione di informazione da un dato test e integrare i dati provenienti da diverse tecnologie e da diversi livelli di complessità. Tecnologie che mirano allo studio dell’espressione di geni, proteine o attività metaboliche, ovvero  le tecnologie “-omiche”, modelli in vitro anche complessi sviluppati allo scopo di ricostruire le interazioni 3D tipiche di tessuti e organi, i metodi di analisi  ad alto contenuto, e le tecniche in silico rappresentano fonti di informazione che vengono integrate allo scopo di colmare il vuoto o le differenze dovute ai diversi livelli di complessità tra in vitro e in vivo e, più in generale, tra i modelli e l’uomo.