La post-verità ai tempi dei social: come difenderci? - Bnews La post-verità ai tempi dei social: come difenderci?

Utilizzare le informazioni in formato digitale, crearle, commentarle e diffonderle è diventato sempre più semplice. In alcuni casi, però, la verità può essere reinterpretata assumendo così nuove sfaccettature. Ne abbiamo parlato con Andrea Rossetti, docente di Filosofia del diritto, e promotore dell’evento "La verità è meno verità se digitale?” (8 novembre 2017, Edificio U6, aula 41). 

Professor Rossetti, impossibile resistere alla tentazione di chiederle se la verità digitale risulta essere meno verità?

Ovviamente il titolo che abbiamo dato alla relazione è solo un gioco di parole: la verità, intesa come corrispondenza ai fatti non può, per il senso comune che regola le nostre vite, che essere una.

Un rischio, però, potrebbe essere legato a una frammentazione sempre più marcata della verità. Cioè, una verità non più figlia di una ideologia ma sempre più a misura del gruppo o del singolo.

Esattamente, la diffusione delle tecnologie dell'informazione ha messo in crisi l'autorevolezza dei tradizionali mediatori di informazioni: ciascun individuo può attingere informazioni da fonti che di cui non è in grado di valutare l’attendibilità. In altri termini, ciascuno si costruisce il suo personale giornale quotidiano ricercando solo le notizie che corroborano le sue convinzioni. Di queste perdita di autorevolezza dei tradizionali mediatori di notizie, parleremo con Vittorio Pasteris che da anni si occupa di comunicazione digitale.

Come sfruttare, quindi, le potenzialità del digitale senza perdere di vista la sfera pubblica?

Questa è la grande sfida che le tecnologie dell’informazione ci pongono; ed è una sfida importante: la sfera pubblica è il luogo ideale in cui i cittadini si scambiano informazioni e opinioni su come dovrebbe essere la società, e se le informazioni sono infondate significa che le decisioni che verranno prese non potranno che essere sbagliate. Per adesso non abbiamo metodi validi per rispondere a questo problema. L'unica cosa che siamo in grado di dire, è che sconfiggere le convinzioni errate che molti sostengono (che con un termine più preciso potremmo chiamare bias cognitivi) non è semplice come può sembrare. Anzi spesso l'attività di debunking (ossia la confutazione delle bufale che circolano in rete) non serve affatto a convincere le persone dell’infondatezza delle loro convinzione, ma al contrario le convince di essere vittima di un complotto di dimensioni planetarie. Un esempio è ciò che sta accadendo con i vaccini in Italia: non importa quanto sia attendibile lo scienziato che sostiene e spiega l’uso dei vaccini, per un antivaccinista lo scienziato resterà comunque un servo delle multinazionali del farmaco e quindi ciò che dice è falso.