Bicocca si aggiudica un finanziamento per un progetto di tutela della biodiversità sull’Appennino - Bnews Bicocca si aggiudica un finanziamento per un progetto di tutela della biodiversità sull’Appennino

Bicocca si aggiudica un finanziamento per un progetto di tutela della biodiversità sull’Appennino

Panorama

Abbiamo incontrato il responsabile del progetto, il ricercatore e docente Paolo Biella, che ci spiega com'è nata questa iniziativa e quali ne sono le caratteristiche.

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Ci parli del vostro progetto, quali specie riguarda?

Riguarda una particolare specie di insetto: il bombo. I bombi sono degli insetti impollinatori simili a grosse api un po’ pelosette che vivono ovunque - anche a Milano città abbiamo trovato 7 specie diverse - ma le zone dove sono più numerosi sono le montagne. In particolare siamo interessati ad una specie che è presente solo sull’Appennino centrale, il Bombus konradini, la cui sopravvivenza è a rischio.

Bombus konradini occupa un’area circoscritta principalmente tra il Gran Sasso, la Maiella, i Monti Sibillini e il Sirente Velino, in buona parte all’interno di aree protette dai Parchi nazionali dell’Appennino centrale. Questo insetto, occupando in particolare le quote più alte, ha un ruolo importante nel funzionamento di quell’ecosistema, contribuisce ad impollinare le piante a fiore, tra cui alcune specie esclusive dell’Appennino.

Com'è nata l’idea di occuparvi di questa specie?

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Il primo motivo è che si tratta di una specie esclusivamente italiana, quindi se non ce ne occupiamo noi non lo farà nessun altro. È una specie minacciata dal cambiamento climatico e da alcune pratiche poco naturali per quanto riguarda il pascolo intensivo. Il mutamento del clima affligge le montagne anche alle alte quote e da studi che stiamo facendo rileviamo che il Bombus konradini si va spostando sempre più in alto, con la conseguenza che diminuisce lo spazio disponibile e con esso le risorse di cui si alimenta. È urgente studiare degli interventi di conservazione e testarli per provare a salvare questo insetto.

Abbiamo scelto di interessarci di una specie sola perché quando gli studi di conservazione sono dettagliati come quello che stiamo portando avanti è complicato abbracciare più specie, ogni intervento deve essere calibrato e specifico per le esigenze di quella specie. Allo stesso tempo però è plausibile che di alcune azioni che metteremo in campo possano beneficiare anche impollinatori di altri gruppi, magari qualche specie di farfalla o api che convivono con Bombus konradini alle alte quote, ma questi ultimi non sono il nostro target specifico.

Le aree interessate sono il Parco Nazionale del Gran Sasso, il Parco Nazionale dei Monti Sibillini, in parte il Parco del Sirente Velino che è più verso il Lazio e la Maiella, principalmente quindi in Abruzzo e in alcune zone laziali circostanti. Vorremmo collaborare con i Parchi per definire i nostri interventi anche perché uno degli aspetti cruciali per la riuscita del progetto è quello di intraprendere azioni che poi vengano sostenute nel tempo. Prevediamo azioni di sensibilizzazione della cittadinanza oltre ovviamente a tutti i soggetti che ruotano attorno ai Parchi: amministratori, guardiaparco, collaboratori.

Sarà possibile monitorare l’efficacia dell’intervento?

Si, in parte prevediamo un monitoraggio diretto che sarà abbastanza facile da realizzare in quanto utilizzeremo delle cassette nido, grazie alle quali è possibile controllare il tasso di riproduzione, vedere quante operaie vengono prodotte dalle regine che le occupano. Per altre misure sarà plausibile avere dei dati sul breve termine, perché il progetto dura solo due anni, ma forse un po’ più difficile a lungo termine. In genere questi progetti vengono seguiti da azioni personali o da progetti successivi, ma questo dipenderà dal fatto che riusciamo o meno a creare una vena di interesse, a quel punto i Parchi stessi potranno raccogliere dei dati.

Esistono già interventi di questo tipo da parte dei Parchi nazionali o enti territoriali?

Al momento ci sono stati dei progetti più di tipo conoscitivo, di monitoraggio. In Italia abbiamo quasi mille specie diverse di api selvatiche, di cui 43 specie di bombi; la conoscenza a livello locale è spesso limitata, quindi ci sono stati o sono in corso progetti finalizzati a comprendere che fauna abbiamo in un territorio: sembra banale, ma se non sappiamo cosa c’è non possiamo sapere cosa vale la pena di conservare.

Alcuni di questi progetti sono stati finanziati da altri enti in passato, noi abbiamo anche collaborato con alcune di queste ricerche. Per esempio, esistono studi portati avanti da colleghi dell’università di Pisa incentrati sull’area della Maiella per quanto riguarda il foraggiamento, quindi i fiori che vengono visitati dagli insetti, dal konradini in particolare; altri studi risalgono alla fine degli anni Ottanta, quando c’è stato l’ultimo lavoro scientifico significativo focalizzato sull’area dei Monti Sibillini, uno studio in cui gli autori hanno incluso una serie di raccomandazioni per la conservazione di questa specie. Nel nostro progetto infatti abbiamo fatto nostri alcuni dei loro suggerimenti.

Il vostro progetto invece va oltre il censimento delle specie presenti?

Si, oltre agli interventi di tipo pratico prevediamo di organizzare un evento aperto a tutti al quale inviteremo rappresentanti dei Parchi, amministratori locali, portatori di interesse e altri esperti. Nel progetto c’è anche una mia collaboratrice, Rosa Ranalli, che si occuperà in modo particolare dell’aspetto della sensibilizzazione sui temi della biodiversità, e poi abbiamo una collaborazione anche di un collega dell’Università degli Studi di Milano, il professor Mattia Brambilla, col quale faremo delle analisi di paesaggio, utilizzando i modelli climatici proiettati nel futuro, di cui è uno specialista. Questo ci permetterà di prevedere quali saranno le aree dove plausibilmente questo insetto vivrà tra 50-70 anni e quindi capire meglio dove andare a focalizzare il nostro intervento.